Il Vaticano II, la liturgia e la Scuola di Santa Giustina: alcune precisazioni

Da Avvenire 09/02/2008

La lettera di A. Grillo

 Il Vaticano II, la liturgia e la Scuola di Santa Giustina: alcune precisazioni

 Negli ultimi giorni di gennaio ‘Avvenire’ ha pubblicato la reazione del conte Pietro Siffi alla bella recensione di Roberto Beretta circa il volume Manuale di liturgia pratica di Ludovico Trimeloni. Senza entrare in altri dettagli curiosi, vorrei segnalare che in quello strano testo si parla di una ‘scuola di Santa Giustina’ i cui ‘allievi e seguaci’ non solo parlerebbero di ‘rubricismo’, ma si sentirebbero ‘autorizzati a far scempio delle norme liturgiche, dando la stura all’eccentricità e all’arbitrio’.

  In qualità di delegato dell’Ateneo Sant’Anselmo per l’Istituto di
Liturgia Pastorale di Padova, sono costretto a credere che l’autore di
quelle righe o si riferisca ad un altro luogo o non conosca affatto la
scuola dell’Abbazia di Santa Giustina. Da almeno 25 anni, infatti,
l’Ateneo di Sant’Anselmo osserva con orgoglio e soddisfazione il serio
lavoro di approfondimento teologico e antropologico che l’Istituto
padovano sta conducendo sul tema liturgico, illustrando con accuratezza
pastorale e alta dottrina la teologia e la pratica liturgica degli
ultimi decenni.
  Sarebbe sufficiente ricordare il ruolo che molti docenti di quella
scuola hanno avuto, in questi decenni, nella stesura delle edizioni
italiane dei libri liturgici e nella formazione liturgica del popolo di
Dio, nella ricerca scientifica e nella collaborazione a riviste, per
comprendere quanto abbiano contribuito a diffondere, ad apprezzare e a
comprendere le ‘nuove regole’ dell’azione liturgica, che il Concilio
Vaticano II e la Riforma liturgica hanno introdotto nella coscienza e
nel corpo della Chiesa. Chi mai, senza perdere il rapporto con la
realtà, potrebbe negare il ruolo che gli ultimi presidi di Santa
Giustina hanno avuto in questo serio lavoro di approfondimento
liturgico? I nomi di Pelagio Visentin, di Alceste Catella, di Giorgio
Bonaccorso hanno titolo (non nobiliare, ma accademico) per essere
affidabili interpreti del sapere liturgico. Forse proprio qui sta il
punto: il ministero ecclesiale della scuola di Santa Giustina è stato
quello di acquisire le nuove regole come norma della Chiesa. Il suo
compito è stato quello di entrare pienamente in sintonia con le nuove
competenze che la Chiesa esige dai cristiani e dai pastori nell’azione
rituale. Forse per questo risulta di difficile comprensione a chi
pretenderebbe di fare della Chiesa un museo di testi e di vesti, di
gesti e di troni, di candelabri e di pizzi, con aria condizionata e
sistemi di sicurezza, ma senza vita e senza figli. No: anche da Roma si
può guardare al prezioso lavoro di Santa Giustina con gratitudine e con
riconoscenza, per l’umile e compentente servizio svolto in vista di una
buona causa: promuovere una liturgia viva e partecipata.
 Andrea Grillo