SUOR TERESAFORCADES: «LA TEOLOGIA È LIBERA, O NON È TEOLOGIA»

SUOR TERESA FORCADES: «LA TEOLOGIA È LIBERA, O NON È TEOLOGIA»

36311. BARCELLONA-ADISTA. Monaca benedettina, laureata in medicina e in teologia fondamentale, saggista nel campo della medicina sociale, della teologia trinitaria e di quella femminista (fra i suoi libri più noti, Los crímenes de las grandes compañias farmaceuticas e La teologia feminista en la historia, editi in spagnolo, e La trinitat, avui, in catalano), suor Teresa Forcades, del Monastero di Montserrat a Barcellona, ha intrecciato studi, vissuti e riflessioni che ne fanno un singolare spirito libero, mai sovrapponibile a una qualsivoglia corrente di pensiero. Facile che le sue affermazioni appaiano controverse, su più fronti. Se ne ha un saggio nella recente intervista pubblicata dalla rivista Alandar il 29 agosto scorso e realizzata qualche giorno prima, alla vigilia della conferenza biennale (“La teologia femminista: ascoltare, comprendere e rispondere in un mondo secolare e plurale”, Salamanca, 24-28/8) dell’Associazione di Donne Europee in Ricerca Teologica (Eswtr) di cui suor Teresa è vicepresidente.

Del matrimonio omosessuale, per esempio, suor Forcades dice che «non
contraddice in nulla la teologia». «Sono cosciente che l’attuale
Magistero non la pensa così, ma la teologia, come io la capisco nella
sua profondità, non è in contraddizione» con il matrimonio omosessuale.
Alcuni, prosegue, considerano che il punto capitale del matrimonio
cristiano come sacramento «sia la complementarità»: «Ma se diciamo che è
un sacramento è perché è segno dell’amore di Dio. E Padre, Figlio e
Spirito Santo non si completano per niente. Il Padre non dice al Figlio
“sei quello che mi mancava”. Non funziona così nella trinità: il Padre
ama gratuitamente, non è che gli manchi qualcosa, e questo è
l’essenziale dell’amore». Perciò, «l’essenziale dell’amore sacramentale,
matrimoniale, cristiano, di coppia è la capacità di riconoscere
nell’altro un tu irriducibile e di trattarlo con rispetto come avviene
fra le tre persone della Trinità».

Non per queste discordanze, però, ha poca stima del magistero, di cui
considera fondamentale la funzione di «unità». «Tutto quello che abbiamo
detto su amore, sacramento, pienezza ha senso in seno a un tutto –
prosegue –, che non è uniforme, è straordinariamente diverso, ma non si
frammenta in ghetti». «Mi sembra importante – aggiunge quindi – che
esista il magistero in quanto funzione di consenso, di unità, in cui le
affermazione che si fanno sul senso della vita siano affermazioni che
non nascono dall’immaginazione peculiare e particolare di un individuo
ispirato, ma che raccolgono tutto un dialogo di secoli con Dio».

Teologa femminista, non condivide un cavallo di battaglia del
femminismo: la Gender theory, in base alla quale è il contesto culturale
a determinare l’identità di genere. «Il patriarcato – sostiene – non è
la società che ha messo gli uomini contro le donne, ma la società che
abbiamo costruito, e che manteniamo ancora oggi, donne e uomini,
fintanto che viviamo la nostra vita adulta in continuità con il modello
della soggettivazione infantile, che ha il riferimento nella figura
della madre. Mi convincono le teorie che sostengono che i bambini e le
bambine hanno un genere; e questo non si deve solo alla cultura», ma al
fatto che «se sono bambino mi vedo distinto dalla madre; se sono
femmina, sono come lei», e «se nell’età adulta vivi ancora con il
referente materno, hai donne che fanno da mamme agli uomini e uomini che
“si lasciano amare” e approfittano di questa situazione». «Questa
prospettiva sottrae le donne al ruolo di vittime», a meno ovviamente di
situazioni concrete di abuso da denunciare. «La forza che crea e
sostiene la società patriarcale non è congiunturale, ma radicata nella
proposta di crescita personale». La società «può aiutare a superare il
modello infantile o può rendere molto difficoltosa questa liberazione».
«La teologia, che è una riflessione su Dio, credo che si allacci molto
bene con la proposta del femminismo perché è esattamente quello che ci
dice il Vangelo: “Lascia il padre e la madre, (…) lascia la famiglia e
guarda a me che sono amore e libertà”». La teologia, perciò, «o è
liberazione o non è teologia. O è femminista – nel senso di una identità
per uomini e per donne a immagine di Dio non incasellata in nessuno
stereotipo – o non è teologia». (eletta cucuzza)

da: Adista Notizie n. 69 del 01/10/2011