A una suora femminista il prestigioso premio della società teologica USA

37213. MIAMI-ADISTA. È suor Anne Patrick, docente di Religione al Carleton College, nel Minnesota, specialista in teologia e letteratura femminista, la vincitrice del John Courtney Murray Award, conferito ogni anno dalla Catholic Theological Society of America (Ctsa) a teologi che si siano distinti particolarmente per il loro lavoro accademico. Patrick, che fa parte della congregazione delle suore del Santo nome di Gesù e Maria, ha pubblicato due volumi particolarmente importanti: Liberating Conscience: Feminist Explorations in Catholic Moral Theology e Women, Conscience, and the Creative Process. Il premio le è stato consegnato l’8 giugno scorso, in occasione dell’assemblea annuale della società, da Susan Ross, presidente uscente della Ctsa, la quale ha ricordato la decennale battaglia della teologa contro il tumore al seno: «Nonostante questo, il suo impegno nei confronti degli studenti, della comunità, della famiglia e della Chiesa non ha mai vacillato». In un breve discorso, Patrick ha ricordato due teologhe che avrebbero potuto ricevere il premio se non fossero state vittime della stessa malattia, Catherine LaCugna e Margaret O’Gara.Nel 2012 il premio era andato a Terrence W. Tilley, l’anno precedente a p. James A. Coriden, canonista e docente alla Washington Theological Union. Autore di numerosi libri di Diritto canonico e storia della Chiesa, il suo ultimo volume, pubblicato nel 2007, The Rights of Catholics in the Church (“I diritti dei cattolici nella Chiesa”), rappresenta una sorta di “statuto” dei diritti fondamentali di chi appartiene alla Chiesa. Ancora prima, il premio è stato conferito a Peter Phan (2010), David Bakewell Burrell (2009), Lisa Sowle Cahill (2008), Virgilio Elizondo (2007), Sandra M. Schneiders (2006), Robert Schreiter (2005) e a Elizabeth A. Johnson (2004).Alla conclusione dell’assemblea, che quest’anno verteva sul tema della conversione, la presidente ha espresso la propria posizione riguardo al modo in cui la nuova evangelizzazione può interagire con i teologi. Ross, docente alla Loyola University di Chicago, ha basato il suo intervento su un’esperienza comune a molti studiosi di teologia che insegnano in istituzioni cattoliche: quella di essere interrogati da studenti brillanti e impegnati sul perché continuino a essere cattolici. «Ho risposto che nessuna istituzione è priva di debolezze, che ogni settimana devo fare mente locale su ciò che è realmente importante nella vita, che la Chiesa è molto di più della gerarchia, che la tradizione è molto ricca, che la liturgia non riguarda solo me, che sono parte di una comunità di respiro mondiale». «Ho detto – ha proseguito – che pur in conflitto con molti aspetti della Chiesa, in generale trovo che la mia fede sia una parte della mia vita non opzionale, e che nonostante interrogativi e preoccupazioni, la Chiesa ha continuato per lo più, ad alimentarmi. In breve, ho bisogno della Chiesa». Queste risposte, tuttavia, ha commentato Ross, non sono sufficienti a convincere i giovani a tornare alla Chiesa in cui sono stati battezzati. Molte delle relazioni presentate nel corso dell’assemblea hanno toccato la frammentazione esistente sia nella comunità ecclesiale che nella società, e la difficoltà di compiere un lavoro teologico in un mondo e in una Chiesa che, a volte, non accolgono volentieri i teologi: «Penso che sia giusto dire – così Ross – che una verità di fondo derivante dalla nuova evangelizzazione è che sia il mondo sia la Chiesa hanno continuo bisogno di convertirsi. In tale contesto, come possono i teologi, cooperando con la Chiesa istituzionale, impegnarsi in una nuova evangelizzazione con fantasia, humour, impegno, discernimento e ospitalità?»: è questa la vera sfida della teologia oggi. Dal canto suo Ross, lo scorso anno, ha organizzato occasioni di dialogo tra i vescovi e i teologi, proprio per incentivare questo spirito collaborativo e anche sulla scia del conflitto tra le religiose statunitensi e le gerarchie ecclesiastiche: «Sono gratificata dal fatto di constatare che alcuni di questi dialoghi abbiano portato frutto. Spero che proseguano autonomamente», ha affermato nella convinzione che la situazione della teologia, rispetto alle autorità della Chiesa, sia molto simile a quella delle suore Usa.Tornando sulla questione delle religiose, Ross ha affermato che queste ultime rappresentano il modello più valido per la nuova evangelizzazione: se prima del Concilio Vaticano II, infatti, rappresentavano la frangia meno moderna e più statica della popolazione ecclesiale, separate com’erano dal mondo, ora sono le più vicine alle esigenze di coloro cui rivolgono il ministero. Di qui l’esigenza di «modellarci a partire dal loro esempio: la loro conversione interiore ed esteriore è un modello per vivere il messaggio evangelico». (ludovica eugenio)
da: Adista Notizie n. 23 del 22/06/2013