IDEE E IDEOLOGIE

Giancarla Codrignani

Non è più in questione solo l’ideologia cattolica  che, credendo di sapere che cosa è “la natura”, si è in questi giorni opposta ai diritti delle coppie omosessuali, da sempre presenti nella società, pur reclusi dietro il pregiudizio che li ha screditati e resi perfino suicidi, come se tutti i mammiferi fossero eterosessuali. D’altra parte, se fino a poco tempo fa ai bimbi nati mancini veniva legato il braccino perché imparassero a scrivere con la destra (la sinistra, si sa, è del diavolo), con Alfano, senza accorgercene, abbiamo ripristinato l’illegittimità dei bambini, che, almeno loro, sono “per natura” tutti uguali “davanti alla legge” (che è ciò di cui si parlava). Per chi ci ragiona un poco non è “naturale” nemmeno la famiglia, sempre diversa nel corso dei secoli, a meno di non credere naturali anche il sessismo, il patriarcato e la pedofilia, come si è tentato di fare con la campagna contro “la teoria del gender”.

Oggi la legge che ha sollevato scandalo e proteste prospetta conseguenze di cui dovremo tenere conto, perché si è già modificato il diritto di famiglia del 1975 in virtù della nuova formula “vita familiare” che attribuisce status regolare alle famiglie arcobaleno e all’omogenitorialità. Forse può sembrare divertente la perdita dell’obbligo di fedeltà, ancora in vigore nonostante sia contraddittoria con la depenalizzazione dell’adulterio in quanto, ovviamente, relazione tra consenzienti.

Vedremo che cosa succederà per altre conseguenze delle nuove norme – ma sempre solo per le unioni civili – circa il divorzio o le stranezze del codice che scioglie il vincolo nel caso di “non consumazione” o per mutamento di sesso in costanza di matrimonio. D’altra parte, la precedenza da dare alla libera volontà – e responsabilità, bene inteso, anche se il giudizio morale costituisce reato solo se colposo – liberava in qualche modo da sempre il matrimonio dalla bisessualità dei contraenti, perché nessuno ha mai immaginato di sottrarre i bambini ai vedovi che li allevano in irrimediabile monogenitorialità.

Ma il terreno non è più questo: la maternità surrogata implica ragionamenti molto più impegnativi per entrambi i generi. Non solo per l’impensabile mercificazione; infatti la prima mercificazione è quella del “mestiere più antico” che oggi non può diventare sic et simpliciter “un mestiere come un altro”, perché riguarda la dignità della persona (forse prioritariamente quella dell’uomo, che continua a voler essere acquirente di corpi anche in tempi di ampia libertà sessuale). La legittimazione dell’acquisto di corpi prevalentemente femminili comporta la legittimazione di atti che, pagati a prezzo maggiore senza preservativo, possono essere fecondi: che la prostituta assuma pillole o ricorra all’aborto non dimostra né la sua libertà, né l’assenza di mercificazione del corpo. Mentre la questione – periodicamente sollevata e controversa) anche tra le donne – verte sull’autodeterminazione nell’uso del proprio corpo e sull’oggettiva offesa alla sua (del corpo) dignità. Comunque, razionalmente, “affittare” un utero e immettere per denaro in vagina un corpo estraneo sono fatti strettamente legati sul piano del giudizio da dare alla civiltà delle relazioni. D’altra parte, bisognerà ringraziare gay e lesbiche se finalmente affrontiamo un problema tranquillamente rimosso finché – e sono anni che va avanti – si è trattato di coppie sterili che si recano per turismo in India e tornano con un figlio riconosciuto da un padre più o meno “legittimo” e da una moglie indulgente dopo un adulterio “senza importanza” per la stabilità della (propria) famiglia.

Il dramma della gravidanza venduta (e comprata) è tutto interno alla civiltà occidentale più libera perché più ricca, almeno per ora. Non ci può essere giudizio morale assolutorio per la società che “compera” neonati – a prescindere dalle madri – e respinge contestualmente bambini e relative famiglie alle frontiere austriache o messicane. Le anime belle invitano a far ricorso alle adozioni, per non “comperare” i figli. Forse la sofferenza di una donna che vende una gravidanza per aiutare la femiglia non è superiore a quella della disperata che “abbandona”. Si entra così nella casistica – difficile perché ha a che fare con il dolore umano – delle singole situazioni, a cui, probabilmente, non si possono dare soluzioni con leggi che tagliano a metà i corpi secondo il giudizio di Salomone.

Sarebbe bene che tutti, ma soprattutto quanti hanno sempre l’argomento etico in tasca, riflettessero; e non fossero così proclivi al “si deve” – “non si deve” non appena uscirà la proposta di legge del governo sul rinnovamento delle adozioni (e, speriamo, degli affidi).

Aggiungiamo una riflessione, specifica per il gender maschile: è la prima volta che si vede pubblicamente espresso un “desiderio” di paternità esibito come esigenza “di genere”. Ne possono gentilmente approfittare gli uomini “virili” che, comunque, debbono passare per il corpo di una donna alla nascita (cfr. Freud) e per la collaborazione (solo sessuale e sessuata?) di una donna per poter “volere un figlio” come lo vorrebbe la donna (che, in ogni caso, lo accoglie amorevolmente anche quando non desiderava così il rapporto con un partner “egoista”)?