Abstract degli interventi

Dove due o tre.
Ri-dare forma alle relazioni ecclesiali

La chiesa può riformarsi rinnovando la coscienza delle relazioni che la caratterizzano e dandosi prassi omogenee a tale coscienza. In modo particolare si può guardare ad alcuni snodi cruciali per la riscoperta della chiesa come luogo di relazioni fraterne/sororali (Mt 18) e quindi alla possibilità di avviare prassi e istituzioni che facilitino tali relazioni. Tali snodi potrebbero essere: relazioni fra chiese locali, relazioni ministri/laici, relazioni uomini/donne. Su questo ultimo mi fermerei di più, ragionando sulla necessità di trasformare il maschile. Concludiamo sottolineando che la riforma che sgorga dal rinnovamento delle relazioni esaminate tende a rinnovare la relazione della chiesa con gli altri, che è il motivo per cui la chiesa esiste.

Simona Segoloni

Una “legge di libertà”.
Per la conversione delle forme e delle procedure

La legge potrebbe essere intesa come il principale ostacolo alla riforma: il diritto codificato viene spesso interpretato come una “gabbia” che argina o impedisce i processi di trasformazione. Ma è questo il senso della legge nella Chiesa? Occorre tornare alla tradizione canonistica per riscoprire un diritto flessibile e dinamico, fondato sulla riscoperta della circolarità ermeneutica divino/umano, naturale/culturale, universale/particolare. La ri-forma della Chiesa è – in ogni tempo – la conversione alla sua forma originale; tale conversione lascia una traccia se non resta solo a livello spirituale, ma se integra anche i livelli della riflessione teologica e della mediazione giuridico-istituzionale. In questa prospettiva, la legge cessa di essere un ostacolo per diventare promotrice e garante della conversione delle procedure e delle relazioni, in primis la relazione tra uomini e donne, che nel nostro tempo si presenta come uno dei nodi potenzialmente più dinamici e propulsivi nell’ottica di una riforma sinodale della Chiesa.

Donata Horak 

Tra premesse e pratiche: il prima e il dopo

Riformare si può se ne esistono le condizioni di possibilità, premesse necessarie e costruibili, a livello

    • strutturale (ad esempio la negoziabilità del significato)
    • culturale (ad esempio la costruzione di un lessico)
    • dei soggetti (ad esempio il cambio dei paradigmi di formazione)

Inoltre riformare si può se si favoriscono le pratiche di ricezione della riforma, innanzi tutto ricordando che la ri-forma, come ogni forma, agisce a livello di comune (non di politico e/o di privato solamente), specie se ciò di cui si tratta è la chiesa.

Si tratta di pratica di parresia per il governo di sé e degli altri.

Stella Morra

Resistenze e inconscio collettivo. Quando la buona volontà non basta

Nella Chiesa le donne ci sono e sono magari stimate, seguite e amate, ma è come se non avessero voce, né desiderio né forza politica. Esse sono al contempo soggetti e oggetti (Geneviève Fraisse). Non è possibile spiegare la contraddizione senza addentrarsi nel campo delle resistenze inconsce che perturbano l’orizzonte del mondo affaticando le condivisioni e gli scambi reali. Questo lavoro ermeneutico sul “rimosso” della storia e dell’esperienza si attua in alleanza – certo non priva di critica – con la psicoanalisi. A evitarlo si finisce per non accorgersi che anche i processi di riforma più rivoluzionari e inclusivi possono custodire al loro interno residui di un inconfessato androcentrismo, che diviene resistenza o vero e proprio ostacolo al sogno di comunità realmente aperte alle differenze.

Lucia Vantini