SANDRA PLASTINA, Filosofe della Modernità. Il pensiero delle donne dal Rinascimento all’Illuminismo.

Maria Pia Ghielmi
Carocci, Roma 2011, pp. 154, Euro 14,40


Il volume di Sandra Plastina, docente di Storia della Filosofia moderna presso l’Università della Calabria, affronta un tema poco frequentato dagli studi di storia della filosofia, ma anche nel dibattito sulla condizione femminile. La studiosa presenta infatti il pensiero delle filosofe della prima modernità, dal Rinascimento agli albori dell’Illuminismo, prendendo le mosse da una questione: «quanto le donne furono effettivamente presenti sulla scena della prima modernità? Quante di loro hanno dato un significativo contributo alla filosofia con le loro opere?» (p. 9). La domanda è tanto più interessante quanto lascia perplessi una constatazione: a fronte del significativo numero di donne che scrissero opere di valore, ripubblicate e studiate ampiamente fin dai primi decenni del ‘900, i manuali di storia della filosofia ancor oggi registrano la quasi totale assenza di riferimenti a queste autrici.

La considerazione delle ragioni di questa scomparsa dalla memoria storica è messa a tema nell’Introduzione, sulla base della convinzione, suffragata da diversi studi ivi citati, della necessità di reinterpretare il “canone” filosofico, che si rivela tutt’altro che neutro, bensì condizionato da pregiudizi di genere. Evidenziare tali pregiudizi consente di valutare perché alcune voci siano state messe a tacere, consentendo così di riscrivere una storia filosofica che dia spazio alle donne. Certamente un motivo dell’oblio fu la svalutazione, a partire dalla svolta kantiana della filosofia, delle cornici concettuali entro le quali si ponevano le filosofe, giudicate precritiche e quindi non apprezzabili dal punto di vista filosofico, ma solo antropologico. In questo senso la Rivoluzione francese, pur aprendo alla parità di diritti, almeno teorica, e all’istruzione delle donne, segnò un momento di ambiguità per il pensiero femminile.

Plastina evidenzia come il pensiero del periodo precedente la Rivoluzione si caratterizzi per gli intenti soprattutto teorici, a differenza del femminismo successivo, maggiormente impegnato sul campo pratico e politico. Le autrici della prima modernità cercarono di affermare l’uguaglianza di diritti e di ripensare i rapporti tra i sessi in un mondo dove la donna filosofa era qualcosa di innaturale, al limite della possibilità. Il volume studia questa fase del pensiero femminile, delineandone i passaggi più significativi: dalla umanistica querelle des femmes alla questione dell’educazione, dall’affermazione del principio di uguaglianza alla rivendicazione dei diritti, fino alla proposta di una nuova soggettività umana.

Dopo un capitolo che sottopone a revisione critica la tesi della presunta uguaglianza di uomini e donne nel Rinascimento, mostrandone invece la esclusione dall’istruzione e la “assenza” dalla storia, l’autrice apre la sua rassegna con la presentazione di Christine de Pizan (1365-1431) «la prima donna scrittrice che deliberatamente e consapevolmente contribuì alla difesa delle donne». Nell’opera La città delle dame, Christine contesta i pregiudizi misogini a partire da una rilettura del racconto della Genesi, reinterpretando la creazione dell’uomo e della donna a immagine e somiglianza di Dio come riferita allo spirito intellettuale, all’anima. Questa considerazione pone il fondamento all’uguale nobiltà e dignità dell’uomo e della donna. Anche il racconto della creazione della donna dalla costola dell’uomo mostra che la donna è la compagna dell’uomo, e non a lui inferiore. Christine afferma con decisione che non c’è nessuna attività umana dalla quale le donne debbano essere escluse per natura. La rilettura critica del racconto della Genesi è ricorrente in molte opere di quegli autori, uomini e donne, che cercano di ripensare l’identità femminile superando la subordinazione. Così Cornelio Agrippa (1486-1535) reinterpreta Gen 1,26-27 suggerendo anch’egli che si tratti della creazione da parte di Dio di un’anima immortale sia negli uomini che nelle donne, anima che non ha differenza di sesso. Le donne hanno uguali capacità, ragione, mente e favella degli uomini e deve essere loro concesso identico accesso all’istruzione.

Sandra Pastina analizza successivamente il dibattito sulla condizione della donna nel Cinquecento, mostrandone le posizioni contrapposte e le ambiguità, e richiamando il pensiero di Erasmo e Tommaso Moro, che rivendicano il diritto all’istruzione e la libertà di autodeterminazione delle donne. L’autrice considera poi diffusamente due grandi scrittrici del Rinascimento, Moderata Fonte e Lucrezia Marinella, entrambe veneziane, protagoniste della vita culturale di una città che dal 1530 al 1650 si distinse per il gran numero di donne letterate. Moderata Fonte, pseudonimo di Modesta dal Pozzo (1555-1592), pubblicò Il merito delle donne, ove chiaramente si scuopre quanto siano elle degne e più perfette degli uomini, opera in forma di dialogo tra sette amiche che, in un giardino, discutono tra loro dei vizi degli uomini, dell’oppressione del potere maschile, dell’accesso al sapere da parte delle donne. Come altri scritti del tempo, l’apertura utopica del dialogo immagina una società che superi i pregiudizi patriarcali e l’autoritarismo maschile. Valore primario di un mondo al femminile è il concetto di amicizia, intimamente connesso a quello di libertà, che potrebbe diventare modello per nuovi rapporti tra i sessi. Moderata contesta la supremazia maschile che si esercita già nel linguaggio e nella lettura maschilista della storia, dove i deboli e le donne non divengono mai oggetto di narrazione. Primo passo in direzione della libertà è scoprire che le donne possono “far da sole”, come nella scena allestita nel giardino immaginario, e avere accesso anzitutto alla cultura e all’educazione loro arbitrariamente negati.

Lucrezia Marinella (1571-1653), in Nobiltà e eccellenza delle donne, esamina le basi ideologiche del patriarcato, presenti in tutti gli autori classici, dedicando una particolare attenzione ad Aristotele, bersaglio privilegiato delle sue critiche. Marinella contesta le argomentazioni misogine del “filosofo” , laddove egli fonda sulla legge naturale la presunta inferiorità della donna e la sua subordinazione all’uomo. Attraverso l’analisi degli scritti di Aristotele in proposito, Marinella ne discute le argomentazioni mostrandone le contraddizioni e i punti deboli: soprattutto contesta la pertinenza di un concetto rigido di legge naturale, incapace di rendere ragione delle diversità culturali e di costume che caratterizzano le società umane. La filosofa si chiede perché mai Aristotele abbia realizzato una riflessione così inconsistente su un argomento di tale importanza: essa risponde che egli era condizionato e parziale, a conferma che l’obiettività tanto vantata è invece assente da un pensiero  preoccupato di mantenere il potere.

Plastina fa poi riferimento ad altre autrici, come Margareth Cavendish (1623-1673) e  Madeleine de Scudery (1607-1700), mostrando come la coscienza di appartenere a un gruppo subordinato e di rivendicare il proprio spazio sia profonda e crescente nelle donne colte dell’epoca. Assai significativa la figura di Marie de Gournay (1565-1645), curatrice dell’edizione dei Saggi di Montaigne e sua discepola e interlocutrice: la filosofa, che si distingue per una propria autonomia di pensiero, riprende gli argomenti scettici del maestro sviluppandoli a vantaggio dell’affermazione dell’uguaglianza dei sessi. Nel capitolo dedicato a lei e a Montaigne, Plastina approfondisce la relazione tra il pensiero scettico, che mette radicalmente in discussione i paradigmi acquisiti, e la critica ai ruoli di genere e agli schemi pregiudiziali a essi connessi. Nell’opera Egalité des hommes et des femmes, Marie de Gournay conduce un’analisi serrata della visione della donna veicolata dalla tradizione. Appoggiandosi su una diversa lettura della Bibbia, su Padri come Basilio e Girolamo, entrando quindi coraggiosamente nel campo teologico, Gournay afferma che la tradizione cristiana e gli usi della Chiesa primitiva, se riletti senza pregiudizi, portano ad affermare la parità dei sessi e non la subordinazione femminile. La mancanza di potere delle donne nella società e nella Chiesa è frutto di un’usurpazione e mantenuta grazie a un’intenzionale mancanza di istruzione.

Sandra Plastina tocca anche il tema del rapporto tra pensiero cartesiano e riflessione femminista, rapporto che si rivela complesso e a volte problematico. Il filosofo François Poullain de la Barre (1647-1723), con l’affermazione «la mente non ha sesso» rappresentò un punto di riferimento fondamentale per la riflessione sull’uguaglianza dei sessi e sul diritto delle donne a un’istruzione identica agli uomini, nei collegi  e nelle università. Il tema dell’educazione, centrale in tutto il secolo, venne ripreso da Anna Maria von Schurmann (1607-1678), riconosciuta da tutta l’Europa colta come una personalità dalla cultura poliedrica, stimata per la vasta erudizione letteraria, filosofica e teologica.

L’ultimo capitolo dà voce a due testimonianze che hanno una particolare efficacia nella denuncia delle  limitazioni alla libertà femminile, per il  vigore e  la carica autobiografica che le caratterizzano. La prima è l’opera di Arcangela Tarabotti (1604-1652), monaca veneziana, costretta a prendere i voti a seguito delle strategie economiche familiari, secondo un costume allora consueto. Nei suoi scritti, in particolare ne La Tirannia paterna e ne L’inferno monacale, Tarabotti accusa con una forza inusuale i padri veneziani che sacrificano le figlie per convenienza e senza rimorsi. Convincendo le fanciulle con l’inganno e approfittando della loro buona fede, si toglie loro la libertà di scelta, di affermazione, di realizzazione di sé. Il chiostro, senza vocazione, è un carcere, un inferno, da cui nessuno le difende, né il potere politico né quello religioso. La denuncia, che è anzitutto grido di dolore personale, prende così una valenza universale di richiesta di emancipazione per tutte le donne e di rivendicazione del diritto alla libertà e al sapere che consentirebbe loro di difendersi.

Anche Gabrielle Suchon (1632-1703), filosofa francese immeritatamente dimenticata, ebbe un itinerario esistenziale che la avvicina, pur con un esito diverso, ad Arcangela Tarabotti. Anch’essa monacata a forza, riuscì però a ottenere dal papa la dispensa dai voti. Condusse a Digione vita ritirata, dedicandosi allo studio e alla scrittura. Pubblicò il Traité de la Morale et de la politique, opera che si propone di analizzare dal punto di vista della politica, della cultura e della religione la condizione femminile di inferiorità e di esclusione. La mancanza di libertà e di istruzione sono connesse alla prima e più fondamentale forma di oppressione, quella politica. La gestione esclusiva del potere da parte degli uomini è la causa e il principio di tutte le altre forme di privazione imposte alle donne. Le donne, sottoposte a leggi ingiuste, devono lottare per la propria libertà primariamente attraverso l’esercizio del sapere, ma anche cercando modi di vita alternativi. L’esperienza personale di Suchon la portò a evitare la costrizione dello stato matrimoniale o claustrale, ricercando una terza via, il celibato volontario, proposto come una via di libertà, nel quale la donna padrona dei propri beni può scegliere liberamente di sé e della propria vita (Du celibat volontarie ou la vie sans engagement).

Il volume di Sandra Plastina ha il merito di rendere accessibile a un pubblico più vasto rispetto agli specialisti il pensiero delle filosofe del XVI e XVII secolo, pensiero che appare quanto mai interessante per cogliere le radici del dibattito femminista successivo e che propone tematiche ancora aperte, nonostante il radicale mutamento del costume e il progredire della riflessione. L’opera si impone come un tassello di quel percorso di riscrittura della storia della filosofia che l’autrice segnala come indispensabile e non ancora pienamente svolto: la sua ricerca si propone di contribuire a colmare la dimenticanza storica, certamente non casuale, di molte figure femminili da lei rivisitate.

Maria Pia Ghielmi