Teologia della liberazione? Tranquilli, nessuna rivincita, parola del Prefetto Muller

37179. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Sia chiaro, né la nomina di mons. Gerhard Ludwig Müller a prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, né la scelta dell’arcivescovo di Buenos Aires, l’argentino Jorge Bergoglio, al soglio pontificio, tanto meno la combinazione dei due elementi, costituiscono una «rivincita della Teologia della Liberazione» (TdL). Ci tengono a precisarlo, di fronte ad illazioni serpeggianti un po’ ovunque, alcuni media portavoce della parte più conservatrice del fronte ecclesiale, che presentano, con l’intenzione di far luce sulla questione assai seria, un’intervista proprio all’attuale reggente della CdF. È Włodzimierz Rędzioch a condurre l’incontro per il settimanale polacco Niedziela (www.niedziela.pl); la stessa intervista è in uscita su Inside the Vatican, mentre è stata già pubblicata il 20 maggio dall’agenzia Zenit.
Brillante teologo, giovane docente a Monaco di Baviera, insegnante anche in Spagna e fuori dell’Europa (Perù, Stati Uniti, India e Brasile), mons. Müller, autore di oltre 400 pubblicazioni scientifiche, fra le quali la monumentale Dogmática Católica, era vescovo di Ratisbona (dal 2002) quando è stato chiamato a Roma da Ratzinger per occupare l’incarico di guardiano dell’ortodossia (che ricopre dal 2 luglio 2012). Tutte le dicerie sul suo essere sbilanciato verso la TdL sono nate dal fatto che egli è stato ed è amico del principale fondatore della TdL, Gustavo Gutiérrez, con il quale ha scritto il libro Dalla parte dei Poveri. Una frequentazione che ha destato «preoccupazione», afferma l’intervistatore senza precisare in chi, perché la TdL «è stata condannata sia da Giovanni Paolo II che dal prefetto della CdF di allora, il card. Ratzinger». E gira la questione all’interessato.
«È vero, conosco bene padre Gutiérrez», risponde Müller. Che racconta: «Nel 1988 mi invitarono a partecipare ad un seminario con lui. Ebbi qualche riserva perché conoscevo le due dichiarazioni della Congregazione per la Dottrina della fede sulla TdL, pubblicate nel 1984 (v. Adista n. 57/84) e nel 1986 (v. Adista n. 27/86). Però ho potuto constatare che bisogna distinguere tra una TdL sbagliata e una corretta». Perciò distingue: «Ritengo – seguita il monsignore – che ogni buona teologia parta da Dio e dal Suo amore e abbia a che fare con la libertà e la gloria dei figli di Dio. Perciò la teologia cristiana, che parla della salvezza donata da Dio, non può essere mischiata con l’ideologia marxista che parla di un’auto-redenzione dell’uomo. L’antropologia marxista è completamente diversa dall’antropologia cristiana perché tratta l’uomo come privo di libertà e di dignità. Il comunismo parla della dittatura del proletariato, invece la buona teologia parla della libertà e dell’amore. Il comunismo, ma anche il capitalismo neoliberale, rifiutano la dimensione trascendentale dell’esistenza e si limitano all’orizzonte materiale della vita. Il capitalismo e il comunismo sono due facce della stessa moneta, la moneta falsa. Invece per costruire il Regno di Dio la vera teologia della libertà attinge dalla Bibbia, dai Padri e dall’insegnamento del Concilio Vaticano II».
Però la sua nomina e quella di Bergoglio a papa, insiste Włodzimierz Rędzioch, «sono stati visti come una vera rivincita della Teologia della Liberazione criticata da Giovanni Paolo II e dal card. Joseph Ratzinger». Cos’ha da rispondere? «Prima di tutto, vorrei sottolineare – premette l’arcivescovo – che non c’è nessuna rottura tra il card. Ratzinger/Benedetto XVI e papa Francesco per quanto riguarda la Teologia della Liberazione. I documenti dell’allora Prefetto della Congregazione della Fede servivano per chiarire cosa bisognava evitare per rendere la Teologia della Liberazione autentica teologia della Chiesa». Cosicché, precisa, «la mia nomina non significa che si apre un nuovo capitolo nei rapporti con tale teologia, ma è un segno di continuità».
L’intervistatore gli ricorda le immisericordiose parole sulla TdL di Benedetto XVI, il 7 dicembre 2009, a un gruppo di vescovi del Brasile in visita ad limina apostolorum (v. Adista n. 129/09): «Le sue conseguenze più o meno visibili fatte di ribellione, divisione, dissenso, offesa, anarchia, si fanno ancora sentire, creando nelle vostre comunità diocesane grande sofferenza e una grave perdita di forze vive». Concorda il prefetto con questa analisi? Indubbiamente, sembra di capire, anche se Müller rimette l’accento sulla distinzione: «Questi aspetti negativi di cui parla Benedetto XVI sono il risultato della mal compresa e mal applicata Teologia della Liberazione. Non ci sarebbero stati questi fenomeni negativi – ritiene – se fosse applicata l’autentica teologia. Le differenze ideologiche creano le divisioni nella Chiesa. Ma questo succede anche in Europa dove ci sono per esempio dei cosiddetti cattolici progressisti e conservatori. Questo ricorda la situazione in Corinto dove c’era chi si riferiva a Paolo, c’era chi si riferiva a Pietro, gli altri invece a Cristo. Ma noi tutti dobbiamo essere uniti in Cristo, perché Dio unisce, il male divide. La teologia che crea le divisioni è piuttosto una ideologia. La vera teologia deve indirizzare a Dio, allora non può creare le divisioni».
L’intervistatore vuole però fare emergere a tutto tondo quell’“usato sicuro” che rappresenta Müller quale garante dello status quo. Perciò gli chiede: «Lei, eccellenza, ricevendo nel 2008 il dottorato honoris causa presso la Pontificia Università Cattolica del Perù, ha condannato nel suo intervento “l’infamia della nostra epoca: il capitalismo neoliberale”. Il capitalismo neoliberale è una struttura del male?». L’arcivescovo non lascia dubbi sul suo pensiero: «È difficile fare dei paragoni tra una struttura del male e un peccato personale, perché ogni peccato ha una dimensione sociale, essendo inserito in qualche “struttura”: famiglia, ambiente di lavoro, società, nazione. Il capitalismo neoliberale è una di quelle strutture del male del XIX e XX secolo che volevano eliminare i valori del cristianesimo. Ma, ripeto, dietro ogni struttura ci sono le persone che accettano i suoi principi, allora dietro qualsiasi struttura del male ci sono dei peccati personali». Nessun timore dunque, non siamo di fronte ad un fiancheggiatore di rivolgimenti sociali: il luogo per cambiare le strutture è “il cuore dell’uomo”, che va convertito, e poi il “capitalismo neoliberale” è acqua passata.

Marxismo dove e perché?
Sul tema TdL e marxismo, è opportuno, nel contesto dell’informazione sull’intervista rilasciata dal prefetto Müller, “dare la parola” ai teologi della liberazione, uno per tutti Jung Mo Sung, secondo il quale (v. Adista Documenti n. 42/12) l’individuazione della TdL come «una mera semplificazione del marxismo in linguaggio religioso» è stata «una delle critiche ingiuste più ripetute» nei confronti della teologia latinoamericana. «Il dialogo con il marxismo – ha precisato il teologo – è stata una conseguenza del fatto che la TdL ha assunto come interlocutori le scienze sociali critiche del sistema capitalista dipendente dell’America Latina. Molto si è scritto su tale questione, ma il dibattito (non sempre onesto) sulla relazione tra Teologia della Liberazione e marxismo andrà avanti finché la TdL manterrà una posizione profetica di fronte al sistema capitalista. Vale a dire che, finché la TdL continuerà a riflettere su “teologia ed economia”, ponendo la questione della lotta dei poveri per il diritto a vivere degnamente, diritto che viene negato dal capitalismo, il dibattito sul marxismo o su Marx resterà in vigore». (eletta cucuzza)

da: Adista Notizie n. 20 del 01/06/2013