Corriere della Sera, 30 gennaio 2011, Pagina 19
LETTERE AL CARDINAL MARTINI DOMANDE & RISPOSTE
La “Viva Tradizione”
“È una donna che evangelizza gli evangelizzatori”“
Amatissimo Cardinale, parliamo di «viva Tradizione». Nell’Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini del 30 settembre 2010 l’espressione «viva Tradizione» ricorre molto frequentemente. Finora, a quanto so, nessuna delle Associazioni teologiche ha mai messo l’argomento seriamente a tema in un convegno. Le pongo qui due domande limitatamente ad altrettanti esempi, che a mio avviso evidenziano le conseguenze di cattiva esegesi e di cattiva ermeneutica. 1) È «viva Tradizione» l’insegnamento del disprezzo per gli Ebrei, espresso anche nella nostra Liturgia, ripudiato finalmente dal Concilio Vaticano II? 2) È «viva Tradizione»—per giunta irriformabile come affermano alcuni teologi—ciò che di fatto è delirio di superiorità nei confronti della donna, per giustificare la sua esclusione dal ministero ordinato? Mi torna sempre in mente il Logion di Gesù, il quale in polemica intragiudaica risponde ai suoi interlocutori: «Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini… annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi» (Mc 7,8.13).
Maria Luisa Rigato, biblista teologa, Roma
Auspico con lei che si faccia chiarezza con serietà e metodo sul significato di «viva Tradizione». Certamente nessuna forma di disprezzo può essere considerata come «tradizione» né, ancor meno, come «evangelica». Il versetto di Marco da lei citato ne è il fondamento. Nei Vangeli l’immagine della donna emerge quanto mai prediletta rispetto a molte delle figure maschili. Il dato più schiacciante in questo senso è il presentarsi del Risorto ad una donna come prima ed assoluta testimone. È una donna che evangelizza gli evangelizzatori. La Chiesa in questo senso ha ancora molto da scoprire.
Carlo Maria Martini