SEMI GERMOGLIATI DI BUONE PRATICHE ECCLESIALI ED ECOLOGICHE: COMUNITÀ DI BASE A CONVEGNO
36666. NAPOLI-ADISTA. Concilio, giovani, impegno. Questi, in rigoroso ordine alfabetico, i temi al centro del XXXIII Incontro Nazionale delle Comunità Cristiane di Base, svoltosi a Napoli dal 28 al 30 aprile.
Sui giovani, sulla loro “assenza” dalla ribalta ecclesiale e politica, sui loro linguaggi e pratiche così distanti da quelli delle generazioni precedenti si sono soffermati in molti, durante la prima, ma anche nelle successive giornate di lavoro. Non che i “giovani”, nell’accezione ormai largamente estensiva che del termine si fa in Italia, non ci fossero a Napoli. Si tratta però soprattutto dei figli di coloro che, negli anni ’70 ed ’80, cominciarono a frequentare gli incontri delle CdB ed a partecipare alle loro iniziative. Una “seconda generazione” che non ha ancora trovato modo di attecchire in aree diverse da quelle “tradizionali” del cristianesimo di base. Del resto, come ha sottolineato Marinella Perroni, presidente del Coordinamento Teologhe Italiane, nel suo intervento di apertura dell’usuale spazio del “conversando con” (quest’anno sul tema: “Quali speranze per un futuro alternativo”) – durante il quale le CdB si confrontano con esponenti del mondo politico ed ecclesiale – i giovani hanno tutto il diritto di avere schemi, linguaggi, modalità di relazionarsi in senso politico ed ecclesiale diversi da chi li ha preceduti. E nemmeno, ha precisato Perroni, si può pretendere che chi giovane non lo è più possa o riesca ad entrare in sintonia con questo modo di essere, che è necessariamente “figlio dei tempi”.E qui la questione dei giovani si lega a quella del Concilio. Perché, come ha spiegato la presidente delle teologhe italiane, «chi come me ha vissuto una intensa stagione di speranza, tensione, rinnovamento» ha acquisito, attraverso quella esperienza, non solo una particolare visione del mondo e della Chiesa, ma anche un lessico, una grammatica di base per declinare il proprio modo di essere e partecipare alla vita collettiva». E non è affatto detto che possa essere compreso e condiviso da chi viene da esperienze e contesti completamente diversi.
Il dramma del “Concilio tradito” è anche in questa incomunicabilità, come è stato sottolineato più volte nel corso dei lavori. Nessuna mitizzazione del Vaticano II, comunque. Perché, come ha ricordato nel suo intervento introduttivo Cristofaro Palomba, delle Cdb del Cassano, non è che l’evento conciliare in sé fosse esente da contraddizioni: «Il Concilio ha lanciato il seme del popolo di Dio, ma anche sotterrato sotto molte pietre che impedirono di germogliare». Le Cdb, in fondo, nacquero per questo: per «coltivare e sviluppare quel seme, perché tanti, nella Chiesa, attendevano che producesse frutti». Ma quel patrimonio di istanze, lotte e conquiste ha oggi bisogno di essere aggiornato ed incarnato nel mutato contesto politico ed ecclesiale. E Nino Lisi, delle CdB di San Paolo, qualche mese fa si chiedeva appunto, dal sito delle comunità (www.cdbitalia.it), cosa le CdB potessero fare «di fronte allo sfacelo che è in atto». Perroni ha indicato un orizzonte generale di impegno, all’interno del quale, a suo giudizio, occorre «guardare al tempo della speranza come tempo possibile, pensando al futuro che è alle nostre spalle». Alle spalle di tutti, a prescindere dalle generazioni. Perché «ciò che collega speranza del passato a quella del futuro e nel futuro è il farsi carico del presente».Più direttamente centrato sulle “buone pratiche” attraverso le quali declinare l’impegno, è stato invece l’intervento di Guido Viale, già leader del ‘68 studentesco, poi dirigente di Lotta Continua ed oggi economista e saggista votato alla causa della “conversione ecologica” (termine da preferire a “rivoluzione”, ha spiegato Viale sulla scia di Alex Langer, perché contiene in sé anche una dimensione etica e spirituale), cioè un processo di riterritorializzazione, di riavvicinamento fisico (“km0”) e organizzativo (riduzione dell’intermediazione) tra produzione e consumo. Per Viale, se «la notte è ancora lunga, può però essere illuminata dalle buone pratiche da fare oggi senza rimandare ad una palingenesi futura, che pure tutti noi auspichiamo». Il futuro “anteriore” di Viale è fatto quindi di fonti rinnovabili, efficienza energetica, un’agricoltura e gestione delle risorse (e dei rifiuti), dei suoli, del territorio e della mobilità condivise e sostenibili. E poi mobilità sostenibile, beni comuni e processi di democratizzazione e partecipazione dal basso delle decisioni.
Più vago nelle relazioni l’impegno declinato sul versante ecclesiale. Alla teologia che gioca in difesa, quella che pensa al mondo come qualcosa da cui fuggire, Perroni ha contrapposto un filone teologico «che considera il mondo come risorsa perché dal “mondo”, cioè da ciò che non è Chiesa, possono venire segnali profetici». È così anche nella Bibbia: «Quando Israele vive l’esperienza del ritorno alla Terra Promessa, lo deve a Ciro, sovrano straniero. La Bibbia non discute sulla condotta morale di Ciro; riconosce però che è lui a favorire Israele. Insomma, il mondo, anche se non va nella nostra stessa direzione, può dare alla teologia ed alla Chiesa un importante contributo». Assieme alle donne quando finalmente la Chiesa istituzione vorrà riconoscerle e valorizzarle. Nel frattempo, bisogna fare i conti con il fatto che anche al Vaticano II la presenza femminile sia stata possibile solo nel ruolo di “uditrici”. «Cioè quello di stare zitte». Ma quelle donne «non le aveva create né Paolo VI, né il card. Suenens»: «Quelle donne venivano dalla Chiesa cattolica vivente, nei tanti luoghi del mondo dove avevano ormai ruoli da protagoniste». (valerio gigante)
LABORATORI CDB: SOLIDARIETÀ, QUESTIONI DI GENERE E BENI COMUNI PER UNA CHIESA ALTRA
36667. NAPOLI-ADISTA. L’intrecciarsi di molti vissuti, che tradizionalmente caratterizza i laboratori coordinati dalle diverse Comunità di base, è stato al centro dei lavori della domenica mattina dell’Incontro Nazionale delle CdB (v. notizia precedente).Il tema di fondo del laboratorio coordinato dalla Cdb dell’Isolotto è stata la solidarietà, intesa non come assistenzialismo ma come rapporto reciproco, che comporta un cambiamento di mentalità anche in chi riceve. La CdB di San Paolo ha privilegiato una modalità di co-costruzione partecipata del laboratorio, in cui ha avuto spazio l’ascolto e la condivisione delle proprie paure (esistenziali, individuali e collettive), segno anche della capacità innovativa della folta rappresentanza giovanile. Il laboratorio gestito dalla Comunità di Cassano, ha avviato invece un confronto molto partecipato, da un lato, sui grandi temi politici – il capitalismo finanziario senza regole, la distruzione dell’ambiente –, dall’altro sui nuovi protagonismi, i nuovi soggetti, i nuovi metodi possibili per rispondere alla crisi. Particolare attenzione è stata data alle donne – è stato proiettato un filmato di “Se non ora quando” – e ai giovani.Anche gli interventi individuali, pur sottolineando il momento drammatico che il Paese sta vivendo, hanno raccontato significativi percorsi di liberazione. Le molteplici attività della “Scuola di pace”, la cui scuola di Italiano L2 può ora anche tenere in sede esami per la certificazione necessaria al permesso di soggiorno, esprimono la volontà di essere interetnici e non multietnici, aprire percorsi interreligiosi, praticare la teologia dell’accoglienza e della solidarietà.Diversi interventi individuali hanno sottolineato l’importanza del percorso delle donne delle CdB e la drammatica situazione italiana, con un clima diffuso di discriminazione e picchi di violenza – 54 donne uccise dall’inizio dell’anno, la maggior parte da partner, ex-partner o familiari – invitando a firmare l’appello “Mai più complici” di “Se non ora quando”.
L’impegno per l’acqua bene comune è stato ricordato dalla comunità di Alex Zanotelli ed è stata presentata una “Lettera aperta alle comunità cristiane” di un gruppo di credenti laici di Scampia, che si chiede: «Ci facciamo, come Gesù, voce dei senza voce? Abbiamo il coraggio della denuncia chiara ed inequivocabile nei confronti di tutti quei poteri che opprimono l’essere umano?», ed auspica «una Chiesa che testimoni sobrietà e giustizia, capace di rinunciare anche ai privilegi, e di esser perciò più libera per denunciare le “strutture di peccato”, per la difesa dei ceti più deboli».Un tema che ha percorso molti interventi è quello della memoria del movimento, che va salvaguardata «per dare continuità alla nostra esperienza e non disperdere i valori di cui siamo stati protagonisti»: tutte le CdB sono invitate a raccogliere dati, informazioni e materiali e a collegarsi al progetto di «censimento e archivio storico delle Cdb» già avviato dalla Comunità dell’Isolotto.
Massimiliano Tosato ha portato il saluto del Collegamento CdB europeo, riferendo anche del recente incontro annuale, a cui ha partecipato come delegato italiano e al quale, per la prima volta, era rappresentata anche la Repubblica Ceca, con comunità emerse dalla situazione di clandestinità, anche con donne prete e preti sposati, e che ora però hanno difficoltà a ritrovarsi nella Chiesa ufficiale. Le esperienze sono diversificate: si va da una rete stabile di gruppi di credenti in Spagna a fermenti che potrebbero portare a nuove modalità di espressione in Francia a CdB che operano dentro le parrocchie, come in Austria. Molto sentito è in generale il problema degli abusi sessuali all’interno della Chiesa.Dal lavoro dei laboratori è anche emerso che una teologia povera, “leggera”, che cerca l’essenzialità della fede, allontana dalle altre realtà del mondo cattolico, ma può anche aiutare ad avviare percorsi di liberazione da schemi bloccanti. Fondamentale è aver portato avanti la sfida di essere ancora «movimento», realtà collettiva al cui interno convivono esperienze molto diverse e davvero le differenze sono vissute come ricchezza e parte del cammino di tutti. Questo sentirsi Chiesa plurale fa del movimento delle CdB non un’altra Chiesa ma una Chiesa altra, capace di declinare il noi nel rispetto delle differenze. (cristina mattiello)
TAVOLA ROTONDA CDB: CONTRO OMOFOBIA, MAFIE E SCHIAVITÙ PER UN SUD ALTRO
36668. NAPOLI-ADISTA. Forte coinvolgimento emotivo ha suscitato la tavola rotonda che ha concluso l’Incontro Nazionale delle CdB (v. notizie precedenti). Rita Giarretta, suora orsolina, ha raccontato l’esperienza di Casa Ruth, una comunità tutta al femminile vicino Caserta, che da 17 anni accoglie donne straniere che vogliono uscire dalla prostituzione, per restituire loro dignità e speranza. Casa Ruth ha anche avviato una cooperativa sociale per la produzione di artigianato africano, New Hope: non una speranza che cade dal cielo, ma costruita nel cammino di tutti i giorni. Oggi 4 ragazze lavorano e sono segno per il territorio che le ferite possono trasformarsi in feritoie di vita e speranza.Anna Di Salvo, femminista e studiosa dei temi della differenza di genere, ha raccontato come può essere la città che nasce dall’esperienza delle donne. Da anni, l’Associazione “La città felice” di Catania, con la Rete delle città vicine, propone una politica, un’economia e un’ecologia delle donne: il pensiero e la pratica delle relazioni femminili hanno elaborato da tempo delle possibilità altre e desiderano che gli uomini si appoggino a questo fare, perché nell’incontro abbia vita un nuovo fare. Nei confronti delle istituzioni si vogliono offrire soluzioni alternative, pratiche di buon governo – ad esempio è stata fermata la costruzione di un mega-parcheggio sotterraneo – mentre si cercano visibilità e contatti con l’organizzazione di seminari e incontri.
Due interventi hanno raccontato l’altra Scampia. Fabrizio Valletti, della rettoria gesuita, ha presentato il Centro culturale Urtado, che è anche associazione di volontariato, ente di formazione, cooperativa sociale e promuove il periodico Fuga di notizie, realizzato interamente dalla gente del quartiere. La linea è quella aperta da p. Arrupe dopo il Concilio: l’inserimento in ambienti di emarginazione e degrado. Valletti ha svelato le contraddizioni della drammatica realtà di Scampia: a Napoli manca la cultura del lavoro, la ricca borghesia non investe più in attività produttive, gli investimenti vengono solo dalla camorra. L’obiettivo allora è costruire azioni-ponte in cui si possano avviare processi produttivi, anche in collaborazione con le istituzioni locali.Liberare spazi pubblici, reagendo alla logica del coprifuoco e della paura sicuritaria, è anche il metodo di intervento privilegiato dal Comitato spazio pubblico del Centro Mammut, di cui ha raccontato Giovanni Zoppoli: «Noi non recuperiamo i bambini dalla strada, recuperiamo le strade ai bambini»; questo tipo di intervento sociale non vede una separazione tra un “noi” e un “loro”. È un intervento non per qualcuno, ma con qualcuno e ora bisogna superare anche il con, perché tutti devono essere recuperati in un contesto come Scampia, che viene vissuto come pericoloso, nocivo e come male assoluto. Ed è proprio il terrore dello spazio pubblico che il Mammut vuole aiutare a superare, nella convinzione – ha detto ancora Zoppoli – che la distruzione della cultura del vicolo, favorita anche da molti educatori, sia un errore. La battaglia è culturale: la crociata contro la camorra giova solo alla camorra. Anche i rom di un campo vicino oggi partecipano alle iniziative del centro.
Maria Luisa Mazzarella, vice-presidente dell’Arcigay di Napoli, attiva nel Coordinamento Campania Rainbow, che raccoglie associazioni che operano per la tutela dei diritti delle persone gay, lesbiche, transessuali, transgender, queer, intersessuali e etero-differenti (lgbtqie), ha raccontato la sua storia personale: da sempre impegnata nel sociale in zone di camorra, dominate dall’omertà, dove si è additati subito come diversi, ha lasciato l’Azione cattolica quando ha scoperto il suo orientamento sessuale, non perché fosse per lei un problema, ma per evitare che per altri lo diventasse. Una sera è stata aggredita violentemente per aver difeso un ragazzo gay preso di mira da un gruppetto di persone. Ha quasi perso un occhio. Per questo ha ricevuto la Medaglia d’oro al valor civile dal Comune di Napoli. La cosa peggiore è stata l’indifferenza della gente: la piazza era piena e nessuno l’ha aiutata. Da quel momento si è impegnata contro l’omofobia, in un lavoro di sensibilizzazione, anche nelle scuole: è una battaglia non per l’accettazione, ma «per il riconoscimento del nostro amore».Infine, Emanuele e Sara, della Cdb di san Paolo, hanno raccontato del progetto “La sosta”, che rappresenta per i rifugiati afghani che vivevano accampati in una “buca” vicino alla Stazione Ostiense una pausa, la domenica pomeriggio, cogestita nei locali della comunità. Obiettivo lo stare insieme, mangiare, divertirsi, ricaricarsi prima di affrontare un’altra settimana con le sue grandissime difficoltà.
Ma il senso del convegno è stato forse più efficacemente sintetizzato dal disegno dei bambini della Comunità di San Paolo con la scritta “Sfondare il muro dell’indifferenza”. Come ha ricordato Dea Santonico nel chiudere la tavola rotonda, l’attenzione, nel solco della testimonianza di Gesù, deve essere duplice: non solo verso gli emarginati, ma anche verso chi emargina, non solo verso chi è perduto, ma anche verso chi non si vuole mischiare con i perduti: bisogna far festa, perché non importa come ci si sia persi. L’importante è essersi ritrovati. (cristina mattiello)da: Adista Notizie n. 18 del 12/05/2012