I dieci anni che «si vedono» hanno dei nomi e dei volti: non si tratta solo del “consiglio uscente”, perché la collaborazione in questi anni è stata ben più ampia, a iniziare dalla realizzazione del sito, inventato da Benedetta Zorzi, fino alle ore di lavoro messe a disposizione da tante persone sinceramente amiche. Ma certamente, in ogni frammento di memoria del CTI, fa capolino il sorriso intelligente di Marinella, cifra di questa avventura, caratterizzata dalla fiducia – nelle nostre potenzialità, nelle possibilità di un lavoro comune – e dall’intuizione – di scenari inediti, di orizzonti promettenti.
In questo senso e in questa direzione il Convegno dello scorso ottobre – Teologhe rileggono il Vaticano II – ha avuto la forza e l’affabilità che sono necessarie perché una memoria grata sia insieme lucida e critica, in certo modo pre-veggente. Di questa pre-figurazione oggi sentiamo la responsabilità, per accompagnarne l’«esuberanza» – cito ancora Marinella Perroni – in scosse di assestamento e in cantieri di consolidamento, progettati e verificabili. Sappiamo troppo bene come ripetuti inviti alla comunione diventino pie esortazioni qualora manchi l’attenzione ai processi di comunicazione e alle strutture di corresponsabilità: vorremmo piuttosto tentare la via di pratiche condivise che si allarghino nella logica della rete, iniziando dall’idea di un Consiglio che si avvalga stabilmente di gruppi di lavoro, come si è suggerito nella partecipata assemblea del 26/27 gennaio.
Sullo sfondo dei settori di impegno enumerati – le pubblicazioni, l’attività delle zone, il sito, i cantieri teologici, una teologia “nella città” – la conferma di un’opzione importante: l’associazione vede modalità di appartenenza diversificate in ragione degli studi teologici “certificati”, ma dimostra la stessa stima per una teologia “ai crocicchi delle strade” che per una teologia “ai crocicchi della pagine”, incoraggiando le buone pratiche in entrambe le direzioni, come appare, ad esempio, nelle attività di zona. In quest’ottica si sviluppa anche l’impegno di chi conta già diversi anni di attività per incoraggiare chi è in formazione, dizione che si va sostituendo al sempre più stretto studenti, in un percorso di per sé lungo, che viene ulteriormente dilatato dai contesti di cura e dalle difficoltà economiche. Così come ci invitiamo reciprocamente a superare il piano accattivante ma povero degli slogan, per esercitare una tenace riflessione che possa, come si usa dire, claim the center, pensando l’intero della costruzione teologica, a partire dall’immaginario proiettato su Dio, consapevoli che «metafore morte creano buoni idoli» (Elisabeth Johnson).
Tutto questo con l’auspicio di un rinnovato impegno ecumenico, in molti sensi: in quello teoricamente più ovvio, fra le chiese; in quello sempre più urgente del dialogo interreligioso e del confronto con le forme secolari e reincantate di inizio millennio; in quello meno evidente ma importante del lavoro comune tra donne che venga prima delle distinzioni fra stati di vita. Infine nella partecipazione a cantieri teologici europei – primo fra tutti l’AFERT – e più ampi, entrando magari in rete con l’EATWOT, l’associazione ecumenica dei teologi e teologhe dei “due terzi del mondo”: infatti, rovesciando Shakespeare, «c’è mondo fuor di queste mura»!
Gratitudine e progetto, auspicio e intuizione: tutto è raccolto in bene-dizione, ricevuta prima di tutto e per questo scambiata: «come l’aurora si spande sui monti un popolo grande e forte […] effonderò il mio Spirito su ogni carne e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani sogneranno sogni, i vostri giovani avranno visioni (Gl 2,2;3,1).
Cristina Simonelli