Qualcuno avrà notato che nelle cronache sull’omicidio di Reeva Steenkamp, la fidanzata di Oscar Pistorius, è comparsa spesso la parola “femminicidio”. Non credo di sbagliare se dico che fino a qualche anno fa sarebbe stato impossibile.
Femminicidio non è una bella parola ma intanto aiuta a capire di cosa si sta parlando: uomini che uccidono donne in quanto donne, e non per “inspiegabile raptus”, “crisi di gelosia”, “depressione”. Scorrendo il muro virtuale del sito In Quanto Donna viene da pensare che purtroppo ci si abitua alle statistiche ma non ai volti. Emanuela Valente ha raccolto in questo nuovo sito una galleria, certo incompleta, delle troppe donne morte per la mano di amanti, fidanzati, mariti, spesso ex o in procinto di esserlo, a volte anche padri e fratelli. è una Spoon River destinata ad aggiornarsi: c’è un femminicidio ogni tre giorni in Italia.
Oltre alle foto delle vittime, In Quanto Donna mostra i volti dei loro assassini. Non hanno segni particolari, sono tutti normalissimi uomini accomunati dal fatto di sentirsi proprietari della vita delle donne. In Quanto Donna sta riunendo i parenti delle vittime che hanno pochi, insufficienti riferimenti istituzionali. Attraverso una petizione, che sarà presentata domani, si chiede la creazione di un Garante per le vittime di violenza e i loro familiari.
Alcune delle leggi che ci sono, come quella sullo stalking, vengono ancora male e poco applicate. In altri casi, vanno cambiate: è necessario discutere la possibilità di non concedere il rito abbreviato, vigiliare sugli sconti di pena e sulle procedure di scarcerazione, e infine garantire il patrocinio gratuito per le parti offese.
Esiste poi un problema culturale, atavico, per il quale nessuna legge basterà mai. E su questo si progredisce solo aprendo gli occhi. Donne e uomini, tutti insieme. Cominciando a usare le parole giuste.
Twitter @anaisginori (27 febbraio 2013)