Più Vangelo, quindi più misericordia

37211. MADRID-ADISTA. La speranza, anche la «speranza cristiana», ha un’ineludibile ragione nel «divenire della storia». Di questo è parte papa Francesco, da poco “divenuto” guida mondiale della cattolicità. In lui si può sperare. È la premessa del teologo moralista Marciano Vidal nella lettera indirizzata al pontefice in data 31 maggio e nella quale gli confida che «il lavoro dei teologi moralisti non è stato facile durante questi anni post-conciliari» per poi avanzare una richiesta: «La prego di curare “il male morale” di cui soffre la Chiesa. Il card. Carlo Maria Martini, suo fratello di Ordine e nel ministero episcopale, lo ha detto, più chiaramente di quanto possa fare, durante il Sinodo dei vescovi sull’Europa. Ci sono questioni che possono avere un orientamento più misericordioso nella Chiesa senza per questo che essa smetta di essere evangelica». E sono questioni – contraccezione, omosessualità, aborto, scomunica ai divorziati risposati – per le quali il teologo spagnolo, quando ne ha trattato in vari suoi libri, è stato indagato e censurato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede (v. Adista nn. 39/01 e 9/12).Vidal ricorda che il card. Walter Kasper e i vescovi tedeschi Karl Lehmann e Oskar Saier già qualche anno fa hanno chiesto «una soluzione teologico-pastorale per le persone divorziate e risposate. Questa soluzione, o un’altra, meriterebbe un approfondimento». «Anche gli orientamenti morali di Paolo VI sulla responsabilità della procreazione – osserva Vidal – sono in attesa di essere letti in chiave di una verità integrale che superi tanto gli egoismi personali e le ingerenze degli Stati quanto i fariseismi e i rigorismi inumani». Per non parlare, aggiunge, «delle difficoltà che incontriamo noi teologi moralisti cattolici quando chiediamo di introdurre il fermento evangelico nella nuova cultura dell’amore, della sessualità e nell’appassionante terreno della bioetica».Il teologo spagnolo comunica poi a papa Francesco quanto gioirebbe se l’amore che egli ha per i poveri «si traducesse in un testo di alto significato ecclesiale e teologico. Potrebbe essere un’enciclica» per la quale suggerisce le prime parole: «Il clamore dei poveri». «Credo sia giunta l’ora in cui l’immensa compassione della Chiesa debba proclamare di fronte a tutte le persone e alle istanze mondiali il dovere di dividere fra tutta la famiglia umana i beni che Dio ci ha donato con la creazione e mediante l’ingegno umano». E c’è un’altra parola chiara da pronunciare: «È il momento di dire a voce alta che l’economia speculativa e puramente finanziaria è, secondo la tradizione della Chiesa, un’autentica usura e, come tale, immorale». (e. c.)