In una conversazione con i vescovi del Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM), il 28 luglio, Francesco ci ha dato un’indicazione di ciò che pensa sui cambiamenti necessari da affrontare, dicendo di voler «riformare le strutture ecclesiali… dalle obsolete alle nuove», di modo che la Chiesa nel suo insieme possa portare avanti il “suo spirito missionario” in maniera più efficace. Che struttura può essere più obsoleta della monarchia papale? «I vescovi devono essere pastori», ha detto, «vicini alla gente, padri e fratelli, pieni di gentilezza, pazienti e misericordiosi». Scegliendo i nostri stessi vescovi otterremmo certamente pastori più vicini alla gente (e viceversa!). Interrogandosi sul ruolo dei fedeli laici, il papa si è chiesto: «Diamo loro la libertà di discernere, affinché ciò contribuisca alla loro crescita come discepoli, per la missione che il Signore ha loro affidato?… Siamo costantemente aperti a lasciarci sfidare nei nostri sforzi per far avanzare il bene nella Chiesa e la sua missione nel mondo?».
Parlando ai giovani a Rio durante la Giornata mondiale della gioventù, papa Francesco ha detto: «…Voglio vedere la Chiesa più vicina alla gente, voglio liberarmi del clericalismo, di ciò che è mondano, di questo chiuderci in noi stessi, nelle nostre parrocchie, scuole e strutture. Perché tutte queste hanno bisogno di apertura!».Dovunque va, Francesco prepara il cammino per riformare le strutture ecclesiali e un pezzo chiave di questa riforma è il maggiore coinvolgimento dei leader laici. Egli è aperto alle proposte su come far avanzare il bene della Chiesa. (…). Papa Francesco ha portato un soffio di aria fresca nella Chiesa cattolica romana. (…). Per decenni, gruppi riformatori in tutto il mondo hanno lavorato per promuovere un qualche aspetto della riforma della Chiesa, ma nel recente passato molti si sono sentiti sempre più scoraggiati e lontani da una Chiesa che non ha voluto cambiare. Ma ora che papa Francesco ha portato uno spirito nuovo e positivo di apertura, si sono ravvivate le nostre speranze di cambiamento su molti fronti.
La nostra missione è quella di riunire tutte queste energie e di concentrare il nostro amore comune e comunitario per la Chiesa e la nostra passione per una sua riforma in direzione di una sola causa: chiedere a papa Francesco e al suo consiglio di otto cardinali di decentrare la Chiesa e di incoraggiare il Popolo di Dio in ogni diocesi ad eleggere il proprio vescovo. Crediamo che questo passo sia essenziale perché la Chiesa possa poi occuparsi di temi più specifici. Scegliendo i nostri stessi vescovi, favoriremo una Chiesa nuova e vitale, in cui il Popolo di Dio – sotto la guida di leader laici, di religiosi e del clero – avrà voce in quella che il Vaticano II ha proclamato come la nostra Chiesa. Con un processo dal basso, la Chiesa sarà più accogliente per coloro che si trovano fuori dalle sue porte. (…). Teologi, accademici e leader della Chiesa in tutto il mondo esprimono la speranza in una riforma e sottolineano la necessità essenziale di un decentramento della Chiesa. Ma ecco gli argomenti per sostenere una Chiesa decentrata.
TRADIZIONE ANTICA
Il governo della Chiesa si è trasformato significativamente nel corso dei secoli. Uno dei più importanti vescovi del III secolo, Cipriano di Cartagine, nel nord dell’Africa, ha offerto una testimonianza esplicita sull’elezione dei vescovi nella Chiesa primitiva. «Viene dall’autorità divina – ha scritto Cipriano – il fatto che un vescovo venga eletto in presenza della gente, dinanzi agli occhi di tutti, e che sia approvato come degno e idoneo per testimonianza pubblica». È stato papa Leone Magno, vescovo di Roma alla metà del V secolo, a enunciare il principio «Chi deve stare alla guida di tutto deve essere scelto da tutti». Per ragioni politiche, tuttavia, il ruolo del clero locale e dei laici nell’elezione dei loro vescovi è diventato praticamente inesistente prima della fine del primo millennio cristiano. Una delle conseguenze impreviste della riforma gregoriana dell’XI secolo è stata la centralizzazione dell’autorità nel papato. Malgrado gli sforzi per restaurare l’antica pratica in cui il clero e i laici, come pure i vescovi vicini, giocavano un ruolo chiave nell’elezione dei vescovi, il potere è passato al papa e al re o principe locale. È stato al principio del XIX secolo, con il concordato tra l’imperatore francese Napoleone e Pio VII, che il papa è rimasto l’unico investito della facoltà di nominare e di trasferire vescovi in qualsiasi parte della Chiesa cattolica romana. Tale sistema si è mantenuto in vigore da allora.
IL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II
«Se nessuna persona ragionevole si aspetta che tutte le riforme possano essere effettuate da un uomo nell’arco di una notte, un cambiamento sarebbe possibile in cinque anni… Ma oggi la direzione di questa riforma dovrebbe risultare chiara una volta di più: lungi dalla restaurazione dei tempi pre-conciliari promossa sotto i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, devono essere considerate, programmate e comunicate misure di riforma nella linea del Concilio Vaticano II», evidenzia Hans Küng, teologo assai rispettato e compatriota di Joseph Ratzinger. Agli inizi degli anni ’60, il Concilio Vaticano II ha stabilito un nuovo modello rispetto alla forma di governo della Chiesa: «L’ordine dei vescovi… è anch’esso insieme col suo capo il romano Pontefice, e mai senza questo capo, il soggetto di una suprema e piena potestà su tutta la Chiesa». Il cardinal Murphy-O’Connor, arcivescovo emerito di Westminster ed ex leader dei cattolici in Inghilterra e Galles, ha insistito su questa maggiore collegialità proprio prima dell’ultimo Conclave: «Non è solo il papa a governare la Chiesa, è il papa con i vescovi», ha detto. «Il papa è essenziale come centro di unità e di verità, ma neppure si può considerare la Chiesa senza una vera associazione con i vescovi».È evidente che, malgrado quanto disposto dal Vaticano II, ciò non avviene attualmente nella Chiesa. Di conseguenza, è necessario che vi siano strutture organizzative pratiche predisposte dai vescovi che lavorano insieme al papa per riorganizzare e riformare gran parte della Curia e sostituirla con una nuova struttura di governo della Chiesa. Già nel 2001, l’allora cardinale Ratzinger aveva detto: «Se il papato è un elemento essenziale della Chiesa, vi sono molti modi possibili per decentrare le funzioni di governo nella Chiesa cattolica».
DECENTRAMENTO DEL PAPATO
(…) Man mano che andranno in pensione i vescovi nominati da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, si predisporrebbero strutture per l’elezione dei vescovi delle Chiese locali chiamati a sostituirli. Ciò permetterebbe in maniera graduale e non traumatica l’introduzione del processo elettorale. Vi sono vari modi di ottenerlo, come viene descritto nel libro di Joseph O’Callaghan, Scegliendo i vescovi. Per esempio, il papa potrebbe emettere una dichiarazione sui requisiti richiesti a un vescovo. I vescovi potrebbero essere eletti da una lista di candidati proposti dai consigli pastorali diocesani (formati da leader laici e religiosi) e dal consiglio presbiterale diocesano (costituito dal clero della diocesi locale). Dopo tutto, chi conosce il carattere e le qualità che deve avere un futuro vescovo meglio dei preti locali? Questi candidati potrebbero essere presentati, insieme a una descrizione completa dei loro precedenti e delle loro capacità, nelle parrocchie locali, in cui il voto potrebbe essere espresso. A meno che non vi siano motivi seri di obiezione, il candidato eletto verrebbe riconosciuto dal papa.
COSA SI OTTERREBBE CON L’ELEZIONE DEI VESCOVI DA PARTE DELLA COMUNITÀ LOCALE?
L’elezione dei vescovi da parte della comunità locale ci riporterebbe a un’equiparazione della Chiesa con il popolo di Dio. «L’esclusione del clero e dei laici dal processo elettorale – ha affermato Joseph O’Callaghan – ha condotto molti a identificare la Chiesa con la gerarchia. In questi momenti, in cui la fiducia implicita tra i vescovi e il popolo ha sofferto una così profonda erosione, è imperativo che tutti i fedeli della diocesi possano avere la libertà di scegliere una persona ritenuta degna per questa responsabilità. Il vescovo deve essere eletto per un periodo determinato e, possibilmente, rinnovabile, e deve servire la diocesi per la quale è stato eletto, senza aspettative di trasferimenti in altro luogo. Riprendendo nuovamente l’antica tradizione dell’elezione popolare dei vescovi, contribuiremmo a restaurare l’unità e la salute del corpo di Cristo». L’elezione dei vescovi da parte della comunità locale porterebbe al decentramento e farebbe sì che la voce della Chiesa venisse ascoltata dal basso verso l’alto e non dall’alto verso il basso. Una volta stabilita questa forma di governo, la Chiesa locale, sotto la guida dello Spirito Santo, potrebbe collegialmente far fronte alle numerose riforme di cui ha bisogno la nostra Chiesa ed essere di grande aiuto al vescovo locale per far fronte a tali questioni.Il teologo gesuita Michael Buckley ha avvertito che, «se il sistema attuale di selezione dei vescovi non viene rivisto, gli altri tentativi di riforma mancheranno di fondamento e vi sarà un numero sempre maggiore di cattolici che si muoverà verso l’alienazione, il disinteresse e lo scisma affettivo». Dopo gli scandali ampiamente divulgati degli abusi sessuali e della Curia, l’elezione dei vescovi rivitalizzerebbe i fedeli ancora attivi della Chiesa cattolica, risveglierebbe molti cattolici e conquisterebbe il rispetto di quanti sono al di fuori della Chiesa.
COME AVVERRÀ QUESTO PROCESSO?
«Il compimento della promessa del Concilio Vaticano II… non avverrà dall’alto come nel Concilio Vaticano II, ma dovrà ora venire dal basso. Da te e da me». Ci uniamo all’American Catholic Council nell’affermare che «siamo coscienti del fatto che i vescovi presenti al Vaticano II votarono a schiacciante maggioranza a favore dei valori fondamentali della collaborazione, della sussidiarietà e della collegialità e a favore di una maggiore partecipazione dei laici, come espresso enfaticamente nell’affermazione che la Chiesa è il popolo di Dio».Il decentramento del papato e le elezioni locali dei vescovi avrebbero come conseguenza una maggiore partecipazione del popolo. Il Vaticano II sollecita la creazione di consigli diocesani in ogni diocesi. Nella sua conversazione con i vescovi latinoamericani, papa Francesco ha chiesto loro di favorire la partecipazione dei laici nelle consultazioni, nell’organizzazione e nella pianificazione pastorale, specialmente ai livelli diocesani e parrocchiali e nei Consigli economici. Un gruppo di riforma è impegnato negli Stati Uniti nella creazione dei consigli diocesani laddove non esistono e nel rafforzamento di quelli già esistenti. Molti teologi e studiosi della Chiesa sono d’accordo. Hans Küng si chiede: «Cosa si deve fare se svaniscono le aspettative di una riforma… dovremmo cedere alla rassegnazione? Al contrario, di fronte alla mancanza di impulso riformatore da parte della gerarchia, bisogna passare all’offensiva, premendo per la riforma dal basso verso l’alto. Se papa Francesco deciderà di promuovere queste riforme, troverà un ampio consenso da parte della gente anche al di là della Chiesa cattolica. Tuttavia, se si permette che le cose restino come sono, senza mutare le direttrici attualmente in corso… allora l’indignazione risuonerà sempre più forte nella Chiesa».
IL SOSTEGNO ALLA NOSTRA CAMPAGNA
Il rev. Thomas Reese, ex direttore della rivista gesuita America, e ricercatore di punta nel Centro Teologico Woodstock nell’Università di Georgetown, esorta la Chiesa «a tornare al sistema approvato da papa Leone I, affinché tutti i vescovi siano eletti dal clero locale, accettati dalla gente della loro diocesi e consacrati dai vescovi della loro provincia».E un ulteriore appoggio alla nostra campagna viene da un lavoro recentemente pubblicato dall’arcivescovo emerito John Raphael Quinn di San Francisco.Il momento è arrivato con l’elezione di papa Francesco. (…). La proposta, senza alcun dubbio, avrà sul papa un maggiore impatto se milioni di persone in tutto il mondo la sostengono e la diffondono attraverso il nostro sito web. Invitiamo tutti – cattolici praticanti e non praticanti, ex cattolici che hanno perso la speranza, cattolici progressisti, curiosi e persone inquiete non cattoliche e non cristiane – a unirsi a noi in questa campagna. Se Dio e internet vorranno, durante la prima settimana di ottobre, quando si svolgerà l’incontro del papa con il suo consiglio, speriamo di offrire a papa Francesco un ampio consenso globale a tale richiesta.