di Cristina Simonelli
Ci avviciniamo al cuore d’inverno che nella scansione cristiana delle festività è diventato il Natale, ma conserva anche le speranze di luce e di tepore che tutti, e i poveri in specie, dell’antica Roma riponevano in quella lunga notte di dicembre che schiude lentamente al giorno. Oggi più che mai l’augurio che scambiamo non può essere ignaro del buio e del freddo di chi attraversa mondi in cerca di vita, non può pensare che quella Donna col Bimbo e un uomo che osserva in disparte siano estranei ai drammi che attraversano le terre e il mare in mezzo ad esse, medi/terraneo, siano lontani dalla posta in gioco di una pace giusta e di un pianeta meno torturato.
Come scrive efficacemente Michela Marzano si può «fare filosofia» – pensare, augurare, teologare – a partire «dalla crepa»: che è l’imperfezione della coppa che sembra d’oro ed è solo di cristallo ed è anche attraversata da una fessura (Mamma, papà e gender, UTET, Torino 2015 p. 16) ma è anche l’irrompere in essa dell’inedito e dell’imponderabile. Troppo simile al meccanismo della genealogia di Mt 1, 1-17 per non osare un paragone: ogni umano «nato di donna» (Gb 14,1) dovrebbe trovare una legittimazione nella genealogia maschile di padre in figlio, che in questo caso ha però molte crepe, perché è resa obliqua, rispetto alla purezza della stirpe e alla sua denominazione, da Tamar, Rahab, Rut, la moglie di Uria l’Ittita. Infine poi se non abbandonata, viene certo relativizzata e resa adottiva dallo scherzo finale: stante quell’imponente schieramento di nomi che termina a Giuseppe… Gesù è però figlio di Maria, realizzando così un’altra infrazione al meccanismo, la più radicale. Infrazione che tuttavia in quella crepa aperta può includere anche quel padre putativo, da sempre figura di giusto che sa avere rispetto e magari affetto, e insieme a lui ognuno e ognuna, in quanto esistono e non perché rispondono ad aspettative di qualsiasi genere.
Se a cose fatte, nonché rese sante dalla Scrittura e dalla sua interpretazione, sembra che tutto si componga facilmente, la quotidianità è molto più dura e la crepa può essere ferita e difficile frontiera, spazio reale ma anche luogo della idealizzazione di sé e dell’altro:
«C’è una linea immaginaria eppure realissima, una ferita non chiusa, un luogo di tutti e di nessuno di cui ognuno, invisibilmente, è parte: è la frontiera che separa e insieme unisce il nord del mondo, democratico, liberale e civilizzato, e il Sud, povero, morso dalla guerra, arretrato e antidemocratico. E’ sul margine di questa frontiera che si gioca il grande gioco del mondo contemporaneo. Questa soglia è inafferrabile, indefinibile, non-materiale: la scrittura vi si avvicina per approssimazioni, tentativi, muovendosi nell’inesplorato, là dove si consumano le migrazioni e i respingimenti, là dove si combatte per vivere o morire» (Alessandro Leogrande, La frontiera, Feltrinelli, Milano 2015, IV di copertina)
Nel libro appena citato, in uno dei primi capitoli, il viaggio in mare viene letto con l’aiuto di un passo del romanziere Joseph Conrad, che dice «innanzi a noi si profila una linea d’ombra, ad avvertirci che bisogna dire addio anche al paese della gioventù […] Conrad intuì che ci sono frontiere della propria biografia che coincidono con le frontiere del mare. Proprio lì, dove i confini certi si fanno incerti, si aprono infiniti varchi per il passaggio in un’altra età della vita» (Leogrande, Frontiera, p. 17). Ognuno di noi ne sperimenta a più riprese, per sé e nei passaggi di vita di chi è più vicino. Contemporaneamente – in parte constatazione e soprattutto augurio – possiamo individuare anche varchi per passaggi ecclesiali, nella vita delle chiese e anche nelle realtà di pratica che le attraversano e connettono.
Tra queste realtà di pratica mettiamo anche il CTI,che esiste e resiste: perciò stesso non è statico, ma vive piuttosto un’operosità attraversata da molteplici transizioni. Senza romanticismi, dunque, vi intravediamo anche varie crepe di imperfezione, ma la coppa anche se è di cristallo e non d’oro, fa la sua discreta figura e può vantare anche in questo anno trascorso diversi buoni risultati, dei quali è bene essere orgogliose senza tuttavia esagerare e accontentarsi. E’ tempo infatti di guardare avanti! Ecco perciò data e programma del Seminario del prossimo anno, cui si unirà come d’abitudine la Assemblea associativa.
Il seminario si svolge il 24 aprile 2016 a Roma – Via Marsala 46 (davanti a Termini). Titolo: Passione per il mondo: donne e casa comune. Intervengono Letizia Tomassone e Antonietta Potente. Nel pomeriggio prosegue il dibattito e poi Tavola rotonda con Cettina Militello. L’assemblea associativa sarà sempre in zona Termini la mattina seguente, 25 aprile.
Il programma dettagliato nonché la convocazione dell’Assemblea vi raggiungeranno più avanti. E’ importante tuttavia fin da ora SALVARE LA DATA, anche perché, per favorire la partecipazione e gli spostamenti, abbiamo osato un ponte d’aprile nella città di Roma: ma questo obbliga anche a un’organizzazione tempestiva [Seminario 2016 Logistica] da parte di ognuna/o, perché il seminario non è residenziale. In questo orizzonte di passione per la casa comune nonché di passione per la teologia, ci facciamo anche reciprocamente auguri di ogni bene!