Donne in Vaticano

Rocío Figueroa, nuova funzionaria del Pontificio Consiglio per i Laici

Compimentandoci con la teologa per la nomina, riportiamo l’intervista apparsa sull’agenzia Zenit.org del 2006-10-06  disponibile on-line alla pagina: http://www.zenit.org/italian/visualizza.php?sid=9277.

CITTÀ DEL VATICANO, venerdì, 6 ottobre 2006 (ZENIT.org).- La dottoressa Rocío Figueroa, laica consacrata della Fraternità mariana della Riconciliazione (Fraternas), è stata nominata funzionaria del Pontificio Consiglio per i Laici con l’incarico di occuparsi delle questioni relative alla vocazione e missione della donna nella Chiesa e nella società.

Rocío Figueroa, peruviana, subentra a Lucienne Sallé, che ha ricoperto
quest’incarico negli ultimi decenni. È stata professoressa di Teologia
a Salerno e attualmente risiede a Roma. La sua comunità è stata fondata
da don Luis Fernando Figari, che è anche fondatore e Superiore generale
del Sodalizio di vita cristiana.

ZENIT l’ha intervistata nel
suo studio presso il Pontificio Consiglio per i Laici, a Palazzo San
Callisto, nel quartiere Trastevere di Roma.

Rocío Figueroa
afferma che “sebbene vi sia stata sempre una presenza della donna nella
Chiesa, si tratta di una realtà in crescita, di una presenza che è
cambiata e si è sviluppata nella misura in cui la società e le stesse
donne hanno acquisito una maggiore coscienza della loro dignità e
missione nel mondo e nella Chiesa”.

Benedetto XVI,
nella sua ultima intervista [concessa il 5 agosto 2006 alle emittenti
Bayerischer Rundfunk (ARD), ZDF, Deutsche Welle e Radio Vaticana],
lasciava intravedere il desiderio di una maggiore partecipazione
femminile nella Chiesa. Lei crede che sia già una realtà?

Figueroa:
Nella sua ultima intervista il Santo Padre ricorda che dal punto di
vista storico sono esistite donne che hanno svolto un ruolo di grande
importanza nell’edificazione della Chiesa. Al di là delle situazioni e
delle esperienze concrete di discriminazione, le donne non devono
dimenticare che la partecipazione femminile nella Chiesa è stata una
realtà che è esistita da sempre sotto la forma dell’evangelizzazione,
della catechesi, delle opere di carità e di promozione umana,
dell’educazione nella famiglia, della fondazione di comunità religiose
e della presenza nella storia di grandi mistiche e sante. Una realtà il
cui apice e modello, nel disegno di Dio, si è manifestato in Maria, la
Madre di Dio.

Riguardo alla realtà attuale, nell’incontro che
il Papa Benedetto XVI ha avuto con il clero romano il 13 maggio 2005,
egli ha segnalato che dal punto di vista dell’elemento “carismatico” le
donne fanno molto per il governo della Chiesa.

Nella sua
ultima intervista in occasione del suo viaggio in Germania, egli ha
constatato la presenza delle donne non solo nella dimensione
carismatica, ma anche nella dimensione istituzionale: “Oggi esse sono
ben presenti anche nei Dicasteri della Santa Sede”.

Su questa
realtà più visibile e attiva nella vita della Chiesa pensiamo anche
alla presenza di tante donne nei consigli parrocchiali, alla loro
leadership in movimenti e comunità, nei servizi di amministrazione e
organizzazione di tante diocesi del mondo, nella docenza scolastica e
universitaria, come teologhe e studiose in diverse aree del sapere.

Vediamo
quindi che sebbene vi sia stata sempre una presenza della donna nella
Chiesa, si tratta di una realtà in crescita, di una presenza che è
cambiata e si è sviluppata nella misura in cui la società e le stesse
donne hanno acquisito una maggiore coscienza della loro dignità e
missione nel mondo e nella Chiesa.

Questa maggiore
partecipazione femminile nella Chiesa dipende da due fattori importanti
che il Santo Padre ha menzionato nella sua ultima intervista: da un
lato il Papa Benedetto XVI invita le donne a “farsi spazio”
utilizzando, come afferma, “il loro slancio e la loro forza”, la loro
“potenza spirituale”.

Il Santo Padre confida nelle donne e ci
lancia una sfida. La partecipazione della donna sarà consistente quando
questa vivrà intensamente la propria vocazione e missione: anzitutto la
sua vocazione ad essere persona umana e come tale chiamata a
conformarsi a Gesù Cristo.

La santità è una “potenza
spirituale”, una potenza che rinnova la storia e la vita della Chiesa.
E con questa prospettiva di santità, la donna deve rispondere alle
sfide che la società attuale presenta per l’annuncio del Vangelo. Una
società che ogni giorno vede zoppicare la verità e i valori che
difendono la dignità umana e la famiglia; un mondo che si costruisce di
fatto prescindendo da Dio e che ha sete di risposte che diano ragione
alla nostra speranza.

È con questa coscienza che la donna,
secondo le proprie caratteristiche, dovrà concentrare la sua forza e la
sua spinta e dovrà con coscienza formare e sviluppare le sue capacità
umane, intellettuali e spirituali per far giungere l’annuncio del
Vangelo alle persone umane nei diversi ambiti della società: la
famiglia, l’educazione, i mezzi di comunicazione, le scienze, le leggi,
la politica. Possiamo dire che essendo la Chiesa universale, per la sua
chiamata ad evangelizzare il mondo intero, anche lo spazio che si apre
di fronte alla donna è universale, è il mondo intero.

L’altro
fattore di questa maggiore partecipazione è, come segnalava Papa
Benedetto XVI, una minore resistenza ad essa: “E noi dovremmo cercare
di metterci in ascolto di Dio, per non essere noi ad opporci a Lui, ma
anzi ci rallegriamo che l’elemento femminile ottenga nella Chiesa il
posto operativo che gli conviene”.

È necessaria quindi una
maggiore riflessione da parte di tutti dell’importanza della
reciprocità tra uomini e donne battezzati nella missione ecclesiale. La
reciprocità sarà possibile quando gli uomini e le donne vivranno un
processo continuo di conversione e di riconciliazione nelle relazioni
interpersonali, a partire dalla propria identità.

Tutti noi
dobbiamo essere evangelizzatori permanentemente evangelizzati, che
vivono un processo continuo di purificazione di ogni ricerca interiore,
di ogni protagonismo, della ricerca di interessi personali. L’umiltà e
il servizio fedele alla Chiesa, invece, promuovono l’altro, perché
l’orizzonte è quello dell’edificazione comune e dell’estensione del
Regno.

Come donna e teologa, quale deve essere secondo lei l’apporto femminile alla teologia?

Figueroa:
Ritengo che la prima vocazione della donna, come ho segnalato
precedentemente, sia quella di rispondere alla sua vocazione ad essere
persona umana e pertanto chiamata ad essere fedele ai dinamismi ontici
della sua identità, creata a immagine e somiglianza di Dio.

La
donna sarà veramente “donna” nella misura in cui risponde alla sua
identità cristiana e scopre in Cristo la rivelazione della sua propria
identità.

In questo cammino di vita cristiana alcune donne
scopriranno la loro vocazione teologica e una caratteristica
fondamentale sarà la fedeltà all’identità di teologa. La vocazione del
teologo è di immergersi razionalmente nei contenuti della Rivelazione e
della fede della Chiesa per poter vivere il suo dinamismo nella storia.

Pertanto, la fedeltà alla fede della Chiesa e agli insegnamenti
del Magistero diventa il fondamento in base al quale il teologo può
spiccare il volo con la sua ragione verso una comprensione più profonda
del mistero di Cristo. Le donne chiamate alla vocazione teologica hanno
la responsabilità di acquisire una solida preparazione intellettuale.

Oggi
sono di più le donne – e questo è un aspetto positivo che favorisce una
maggiore partecipazione delle donne nella società e nella Chiesa – ad
avere la possibilità di acquisire una formazione intellettuale vasta e
consistente.

Con queste solide fondamenta, le donne che
possiedono la vocazione e le qualità speculative per il lavoro
teologico daranno il loro apporto con le caratteristiche femminili
della loro riflessione, con quel loro “genio femminile”, come insegnava
Giovanni Paolo II.

Edith Stein affermava che la differenza tra
l’uomo e la donna si trova non solo nella dimensione psicologica, ma
che essa arriva fino alla configurazione dello spirito: tra l’uomo e la
donna, “il rapporto dell’anima col corpo è differente, e nell’anima
stessa è diverso il rapporto dello spirito alla sensibilità, come
rapporto delle potenze spirituali tra loro”.

Pertanto il
frutto del lavoro teologico di una donna, il frutto del suo “fare”
teologia avrà impresse tutte queste caratteristiche proprie del suo
essere: corpo, anima e spirito femminili, apportando con la sua
particolare impostazione una riflessione teologica che arricchirà la
riflessione dell’uomo. In una donna teologa, è la femminilità, con
tutte le sue caratteristiche, la prospettiva che dà colore al suo
apporto.

In cosa consiste il suo lavoro nel Pontificio Consiglio per i Laici?

Figueroa:
Il mio lavoro, che ho iniziato da appena qualche mese, consiste nel
seguire tutte le questioni relative alla vocazione e missione della
donna nella Chiesa e nella società. Nel suo impegno a mettere in
pratica gli insegnamenti del Concilio Vaticano II concernenti i laici,
il nostro Pontificio Consiglio ha sempre riservato un’attenzione
particolare alla promozione dell’uguaglianza nella dignità tra uomo e
donna come persone battezzate.

Il Dicastero per i laici ha
dedicato diversi seminari, incontri e pubblicazioni a questo tema, per
non parlare dell’attiva partecipazione della Santa Sede nelle diverse
Conferenze internazionali sulla donna.

Si tratta quindi di collaborare con associazioni, movimenti e organizzazioni che lavorano per la promozione della donna.

Il
Pontificio Consiglio per i Laici si dedica a promuovere la dignità
della donna a livello internazionale, cercando di coordinare gli sforzi
diretti a questo scopo e di rafforzare l’integrazione della donna nella
missione della Chiesa; al contempo lavoriamo per promuovere un costante
approfondimento a livello filosofico e teologico sulle questioni
concernenti la donna.