Tempi di sororità
a cura di Catti Cifatte
DIVENTARE COMUNITA’ VIVENTE
Premessa
Nello
splendido paesaggio della penisola sorrentina, nei giorni dal 29 agosto
al 2 settembre si è tenuta a Vico Equense (Napoli),
presso l’Hotel Oriente, la 12° Conferenza Internazionale dell’ESWTR
(European Society of Women for Theological Research).
L’Associazione della donne per la ricerca teologica fondata nel 1986 in Svizzera, vanta l’adesione di più di 600 teologhe, provenienti da quasi tutte le nazione europee, generalmente docenti nelle diverse facoltà universitarie: ad
esse si aggregano donne in ricerca, credenti e non credenti, donne consacrate e laiche impegnate nell’affermazione di una nuova visione delle comunità ecclesiale e sociale.
La Conferenza ha rappresentato una occasione di incontro e di scambio culturale e di relazioni molto significativo tra donne di diverse
confessioni religiose con la presenza di cattoliche, protestanti, luterane, ebree, vetero-cattoliche; la conferenza nella sua unicità a livello europeo e in particolare nel nostro paese è stata seguita dalla
stampa e dalla televisione locale ed ha avuto uno spazio anche sui giornali cattolici nazionali.
Quest’anno la Conferenza ha ospitato anche donne dei paesi dell’est europeo e rappresentanti della ricerca universitaria provenienti
dagli Stati Uniti d’America e dal Canada; 150 circa le partecipanti, 25 i paesi rappresentati i cui gruppi più numerosi provenivano dalla Germania, della Spagna e dall’Italia. In questi paesi l’accesso delle donne
agli studi di teologia è un dato di fatto ormai da diversi anni, ma sicuramente mentre la Germania ed il Regno unito possono vantare decane nell’Associazione, le italiane e le spagnole si stanno organizzando da tempi
più recenti e godono quindi della condizione di slancio passionale e coinvolgente tipico della prima partecipazione.
Adriana Valerio, teologa e docente di Storia del Cristianesimo presso l’Università “Federico II” di Napoli, prima italiana a ricoprire l’incarico di Presidente dell’ESWTR, ha portato avanti l’organizzazione
insieme a Marinella Perroni, Vice Presidente, concludendo il loro mandato di quattro anni d’attività con il raggiungimento
di notevoli traguardi, primo fra tutti il consolidamento della rete di donne nell’ambito del sud dell’Europa, e la presenza spagnola ed italiana lo dimostra efficacemente, secondariamente il coinvolgimento, per la prima
volta, delle donne dei paesi dell’est anch’esse partecipanti attive e numerose. Significativa purtroppo anche la quasi totale assenza della rappresentanti francesi, le uniche due amiche portavoci di una comunità
d’accoglienza di Versailles, loro stesse dispiaciute della situazione ma dichiaratamente impegnate, d’ora in avanti, a voler fare di più per la visibilità della ricerca teologica delle donne in un paese,
la Francia, così ricco di dibattito culturale e così storicamente sensibile alla cultura femminista ed ai diritti di genere.
Molto utile per lo sviluppo degli scambi l’aver stampato un libro con tutti i riferimenti ed i recapiti di tutte le partecipanti!
E’ stato anche istituito un sito sul quale si possono leggere le relazioni fornite dalle partecipanti ed i più significativi dati della Conferenza: www.dracmae.com
Le relazioni.
Ciò che mi ha colpito di più è stato l’interesse e la partecipazione, appassionata come avviene spessissimo negli
incontri di sole donne, che tutte hanno voluto infondere nel loro lavoro, contribuendo ad una ricerca, ad un dibattito su tematiche, anche complesse, come quella scelta per il confronto: “Becoming Living Communities”,
essere testimonianza viva di comunità nella realtà delle nostre città.
A cominciare dalle riflessioni tenute da Hanna Strack e Andrea Gunter, su Teologia della vita, in confronto diretto e schietto tra loro, sulla nostra origine nel grembo materno, sulla
natalità e sulla maternità, con particolare riferimento alla maternità biologica e alla maternità spirituale richiesta nell’adesione al movimento di Gesù di Nazareth; considerando quindi
la Natalità come condizione-carattere vivo delle relazioni umane, ben oltre la relazione madre/figlio, un punto in cui si toccano natura e cultura, vedi per esempio l’importanza delle levatrici. Mi è piaciuto
molto il concetto della vita come trasformazione della gravidanza: in quest’ultima essere portati da una donna, nella vita essere circondati dal mondo; il cerchio del mondo che ci circonda non è più l’utero
ma è l’intera comunità umana. Significativa è poi l’immagine proiettata di una antica icona nella quale l’Annuciazione della maternità di Maria è espressa all’interno di un forma
a mandorla simbolo della vulva o dell’utero, mentre il divino discende attraverso un segno lineare che parte da un altro elemento simbolico esterno alla donna ed estremamente geometrico e rigido. La contrapposizione dei
due elementi simbolici è evidentissima. Importanti le considerazioni che sono seguite sulla nascita di Gesù, come il venire al mondo di Dio, con la massima immediatezza; e giustissimo il richiamo e l’attenzione
di Gian Carla Codrignani, nel dibattito, alla condizione di violenza sulla donna che spesso porta ad una maternità non scelta ma subita e quindi alla problematica condizione critica di subalternità delle donne.
Cettina Militello su Donne e cittadinanza ha relazionato sulla condizione del nostro abitare insieme la chiesa e la città,
come lo stare a mensa e il non allontanarsi dalla città descritto dagli Atti degli Apostoli 1,3, nella pienezza di diritti/doveri che ne conseguono a partire dalla condizione “battesimale”.
Partendo dalla città come punto fermo, non si può fare a meno di evidenziarne il disegno urbano discriminatorio. Allora
si va alla ricerca di una dimensione di cittadinanza positiva; nel rapporto cittadinanza e non cittadinanza si è alla ricerca di una metamorfosi utopica della città. La comunità di fede può offrire
il modello della cittadinanza ideale, purchè non venga dimenticato l’invito di Gesù a restare in città come richiesta di ancoraggio alla realtà dell’uomo ma anche come scelta del luogo di missione: là dove l’ Ecclesia e la Polis convivono pur nella loro netta e reciproca autonomia; nella sua riflessione, infatti è resa evidente l’incongruità
della ingerenza dell’una sull’altra.”L’originaria fraternità/sororità, l’originario discepolato d’eguali, la sinergia di discepoli e discepole che realizzano
un vissuto di comunione testimoniale si infrange a fronte di processi sociologici di leadership sacralizzante, sacerdotalizzante, perciò divaricante il popolo fedele”.
La risposta all’elaborazione di una linea più teorica è venuta da Cristina Simonelli che ci ha portato a riflettere su esperienza di vita da lei condotta con donne ai margini della comunità cittadina:
donne zingare. Le donne citate da Cristina vivono nella condizione di marginalità indotta da una città escludente, ma possiedono anche una diversa visione della cittadinanza, proprio in quanto poste nella loro
condizione di marginalità, è questa visione da ri-considerare e da apprezzare in quanto derivante da un non luogo e pertanto, pur se spesso ignorata in una cittadinanza imperfetta, è visione non meno importante per stabilire nuova relazione di cittadinanza
con le donne romni.
Molto bello l’intervento di Irmtraud Fischer, mutuando da alcuni modelli del movimento femminista italiano della Casa delle donne di Milano e del gruppo filosofico
Diotima, ha sviluppato il concetto di genealogie femminili come ponte fra generazioni, ricerca e dimostrazione di appartenenza, più
che parentela di sangue, appartenenza ad un contesto di rete di donne, come campo di affinità di pensiero e di vita, come contestualizzazione storica del legame che vincola le donne tra di loro e anche le donne agli
uomini che ne condividono i percorsi di rivendicazione e di liberazione!…Genealogie come reti ed incroci, in cui si ciascuna di noi fa affidamento l’una sull’altra: in poche parole genealogie che servono a consolidare
affinità di pensiero e di vita, ognuna rispettandone il valore, in una sorta di catena umana che valorizza anche le differenze.
Per una nuova genealogia Elena Giannarelli ha preso spunto dalla genealogia di Gesù in Matteo, per evidenziare il ruolo anomalo delle donne della discendenza
citate ed il concetto nuovo introdotto dalla pagina evangelica sul legame attraverso lo spirito. Quindi è andata a riscoprire le prime testimonianze cristiane d’appartenenza al movimento di Gesù, dove il legame
di sangue viene soppiantato per creare legami nuovi che trascendono il dato fisico e la tradizione.
Molto interessante, ed in gran parte riallacciato ai suoi numerosi studi, l’intervento di Elisabeth Schussler Fiorenza dal titolo: Discepolato di eguali, memoria e visioni nel primo cristianesimo.
Il suo approccio alternativo scientifico, storico-critico nell’interesse dell’emancipazione femminile e maschile, inquadra l’evangelo
come intepretazione retorica che si concentra sulla vita di Gesù di Nazareth e sui suoi discepoli maschi trascurando la figura, che pure era stata valorizzata dallo stesso Gesù, della donna (In memoria di lei). Occorre quindi considerare un contesto di discepolato di eguali e inquadrando la storia cristiana dal punto di vista progressista, per
la prosecuzione e lo sviluppo della socializzazione anche al fine di creare una comunità di memoria che coltivi una visione della Chiesa delle donne. Il movimento della Basilea del discepolato di uguali discende, come
obbligo, dalla ricostruzione femminista critica liberazionista e denuncia il mito delle origini creato nel contesto kiriarcale. Si tratta di un approccio alternativo e scientifico che concentra l’attenzione sulla prassi
e sulla retorica dei testi, nell’interesse dell’emancipazione.
Emerge allora la Comunità immaginata come base culturale, biologica e politica di alleanza. Il discepolato di eguali non significa
identitarietà, ma corrispondenza tra persone che presentano differenze. L’ugualianza ha un legame stretto con la giustizia, non implica l’adattamento ma un legame stretto con la società, una sfida alla società;
articolata nelle lotte emancipatorie nei confronti delle strutture, dà ancora speranza alle femministe cristiane.
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Nella tre giorni di Vico Equense le allegre serate sono state dedicate alla musica, alla compagnia, al ballo, sulla terrazza dell’hotel che riempivamo festose;
vi invito a visitare il sito e a vedere le bellissime fotografie della Conferenza: www.dracmae.com
Ma durante il giorno si è lavorato molto: non ci sono state solo le relazioni importanti, già citate nella prima parte di questo resoconto, ma anche tante
altre interessanti mini-lectures e gruppi di lavoro che si sono articolati nei pomeriggi, che hanno discusso delle tematiche pressoché comuni a tante donne in realtà urbane diverse: ad Amsterdam
piuttosto che a Versailles, a Napoli o Genova piuttosto che a Thessaloniki ecc… Lo scopo era certamente quello di permettere l’intreccio e lo scambio di esperienze diverse, nuove relazioni ed un approfondimento sulle
tematiche comuni: la storia della chiesa e le donne, le donne e la posizione di Ratzinger, la tradizione e gli studi biblici, le comunità e le libertà delle donne nelle realtà urbane, le donne e la politica
delle chiese, le donne e la vivibilità della città, l’educazione di genere nelle realtà scolastica, l’eco-femminismo e la bioetica.
Il fatto di poter avere e vivere un confronto tra sole donne, al di fuori delle relazioni gerarchiche che caratterizzano gli ambienti ecclesiastici o accademici, di
superare le difficoltà nell’incontro, in genere derivante dall’appartenenza ad uno stato, ad una religione, ad una chiesa e dal possedere lingue diverse, di essere quindi disponibili allo scambio di opinioni come
alla vicendevole collaborazione e sostegno, di poter anche segnare la diversità nei momenti di riflessione, o preghiera collettiva, sicuramente tutto ciò ha caratterizzato la Conferenza dell’Associazione europea
di donne per la ricerca teologica, pur non potendosi negare che le donne presenti non potevano essere libere da una dipendenza culturale univoca: quella della teologia femminista in ambito cristiano. Per esempio rarissimi
sono stati i riferimenti all’Islam e alla ricerca di scambio e relazioni con le donne che, con molta più fatica di noi, vanno rileggendo il Corano e conquistando significativi spazi di libertà anche in quel
contesto religioso.
Nell’Associazione, anche se significativamente segnata dalla differenza tra donne, il terreno comune è la religione cristiana e quindi anche gli strumenti
di lettura, di analisi filosofica, sociologica e teologica nonché i riferimenti storici, hanno basi comuni o sono comunque rintracciabili e riconoscibili. C’è una questione però, in ambito cristiano,
su cui vale la pena di interrogarsi nuovamente, come ha provocatoriamente fatto la E. Schussler Fiorenza: come procedere, quale scelta fare di fronte ai due paradigmi cristiani,
quello (richiamato come esclusivo anche dalle gerarchie ecclesiastiche) e che si è maggiormente sviluppato nei secoli fino ad oggi incentrato sulla figura di Gesù di Nazareth e sulla tradizione “dell’ultima
cena”, “in memoria di me”? Oppure quello, nascosto per tanto tempo, ma pervicacemente sempre riemergente per scelta delle donne, che si richiama alla figura della donna che unse Gesù a Betania, perpetuato “in
memoria di lei” e concepito, in una genealogia femminile, nel contesto “di una nuova cena” in cui anziché il sacrificio umano si sceglie la cura del corpo, nell’unione con il divino ed una diversa simbologia
in cui le donne sono protagoniste?
Possono i due paradigmi intrecciarsi, dare significato nuovo ad una tradizione reinterpretata alla luce del movimento di liberazione di uomini e donne ? Attraverso
quale percorso è necessario passare? Verso quali orizzonti guardare? L’aver lanciato il quesito, l’aver aperto un dibattito, pur nello spazio ristretto della tre giorni, per me è già segno della volontà
di coniugare il possibile intreccio storico tra i due paradigmi, nella riscoperta anche che, forse, ad opera di tante donne cristiane, nei fatti, essi non sono mai stati distanti, e che oggi costituiscono entrambi la trama
della ricerca teologica: ma, sinceramente penso che occorra prima fare un vuoto, la cosiddetta piazza pulita , di tutto ciò che c’imbriglia e che appartiene al passato: il passaggio per il vuoto è d’obbligo
…l’apertura sul resto è una scommessa e contemporaneamente un responsabile impegno.
Particolarmente interessante a riguardo anche la relazione di Serena Noceti su “Chiesa, comunità vivente – La sfida della fragilità”; una riflessione che, ho interpretato, rivolta prevalentemente all’interno delle chiesa
cristiana (cattolica in particolare) tesa sia alla riscoperta del valore della fragilità, di un messaggio autentico cristiano proveniente dall’identità fragile (che è anche donna) e che offre l’opportunità
di superare il confine della difesa della chiesa: la prigionia dell’onnipotenza! Sono d’accordo che occorra andare verso l’opzione per una chiesa fragile, anche nel senso di spogliata dal potere, accettando la
via della debolezza come via della salvezza. Ma una critica vorrei svolgere e cioè che occorre anche, a me come penso a tante di noi, una maggiore contestualizzazione di tale concetto di fragilità. E’ un
concetto solo teorico? Oggi infatti non vediamo fragilità nella struttura gerarchica e nella teologia tradizionale, né d’latra parte lo auspichiamo, per la teologia femminista, che vorremmo invece sempre più
forte, resistente e visibile. Mi fa piacere che anche Serena non incarni la condizione usuale della fragilità, al di là della corporeità minuta, la forza della sua elaborazione teorica si è percepita
intensamente nella sua parola.
Voglio ricordare anche il gruppo di lavoro, a cui ho partecipato, condotto da Carla Ricci, teologa e studiosa di Maria Maddalena. Sappiamo che Maria Maddalena nella storia della chiesa è stata ridotta ad una prostituta, che le sono state attribuite colpe
morali e diversi connotati per portare ad un identificazione plurima, che era contestualmente la negazione della sua forte individualità. In una parola, come evidenzia il testo copto del Vangelo di Maria, una grande
amica di Gesù di Nazareth, inascoltata verità, per le gelosie di una religione tutta al maschile che si sviluppa già a partire dai testi canonici. Maria Luisa Rigato, ha preso la parola nel gruppo e si è dichiarata agli antipodi della visione di Carla: per lei i testi dei vangeli canonici sono un riconoscimento del ruolo
di Maria, pur assunti in un contesto maschile, e comunque evidenziano l’importanza dell’Apostola nel movimento dei primi cristiani, avendo e confermando come figura centrale di riferimento proprio Gesù Cristo. Il
testo copto si situa, temporalmente, dopo i testi dei Vangeli, da qui è desumibile che il declassamento femminile sia avvenuto nella tradizione successiva agli apostoli. Il dibattito interno è aperto, segno di
ricchezza e di una ricerca ancora molto viva e intrigante.
Alcuni momenti assembleari organizzativi si sono avuti nella giornata intermedia nella quale è stato dato ampio spazio alla elezione delle rappresentanti europee
e nel rinnovo delle cariche (presidenza, segreteria organizzazione della prossima Conferenza programmata di massima nell’agosto del 2009 nel Regno Unito) e durante i quali vi è stata il significativo subentro della
lingua spagnola, al posto di quella francese, affianco alle altre due lingue ufficiali inglese e tedesco. Un rilevante esercizio di democrazia. In fondo anche le francesi presenti, vista la limitata rappresentanza, hanno votato
a favore dell’ingresso della lingua spagnola! Per noi ospiti italiane è stato un giusto riconoscimento ad una autorevolissima e partecipata presenza delle spagnole che consideriamo le nostre “sorelle” più
prossime nel bacino del mediterraneo. L’uso dello spagnolo faciliterà indubbiamente anche i legami e i nuovi contatti con le teologhe dell’America Latina; così la rete s’allarga ed legami ed i nodi si fanno
più numerosi.
Ma ci sono anche nuovi strumenti per riappropriarci correttamente dei linguaggi e dei messaggi della tradizione:
– Marinella Perroni ci ha presentato, insieme a Luzia Setter, una nuova traduzione della Bibbia, per ora solo in tedesco, la Bibel in gerechter Sprache. La BigS affonda le sue radici nella teologia della liberazione, nella teologia
femminista e nel dialogo cristiano-giudaico; la BigS non nomina Dio soltanto nella forma grammaticale al maschile, utilizza invece nomi sostitutivi di Dio sia femminili che maschili;
– Mercedes Navarro Puerto e le sue amiche spagnole ci hanno presentato la Scuola Femminista di Teologia
dell’Andalusia di Siviglia: si chiama EFETA (Escuela Femministe de teologia de Andalusia): importantissima esperienza organizzativa delle donne, esercitata in piena autonomia dalle gerarchie ecclesiastiche, la scuola è
diventata luogo scelto di formazione teologica critica in una prospettiva creativa e di genere. Il Comitato Scientifico della Scuola sta attendendo i riconoscimenti dall’ Università statale dell’Andalusia per l’accreditamento
formativo presentandosi a livello di Master. Auguri a questa iniziativa molto acclamata in assemblea!
Dopo la lecture di Valeria Ferrari Schiefer che partendo dal testo di Christine di Pizan “Le livre de la Cité
del Dames” del 1405, ha sviluppato una riflessioni sull’attualità delle Comunione dei Santi e la provocatoria e stimolante relazione di Teresa Forcades, sulla libertà femminile (peccato che fosse relegata all’ultimo posto, quando molte di noi dovevano partire!), si è svolto il momento rituale conclusivo
di preghiera che è stato affidato a noi rappresentanti dei gruppi-donne delle Comunità Cristiane di base italiane.
Partendo dalla lettura del brano di Luca 8,1-3 sulle donne in cammino al seguito di Gesù, sulla loro e nostra esigenza di avere qualcuno che si prende
cura dei nostri piedi affaticati e stanchi, abbiamo scelto un rituale simbolico di forte pregnanza, la reciproca “lavanda dei piedi” con unguento profumato; abbiamo voluto dare un significato di scambio e di relazione
anche intima fra donne nel ricordo delle prime discepole del movimento di Gesù di Nazareth richiamando esplicitamente quindi una frase pronunciata da Adriana Valerio nella prolusione: “la vita è cammino, è viaggio…ed è anche cambiamento nel viaggio. Sono cambiate le donne, le discepole di Gesù nel
loro incontro con il Maestro lungo le strade della Galilea. E’ cambiato anche Gesù nel loro Incontro (…)” .
Catti Cifatte
Genova, 7 ottobre 2007