IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI

IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI

C’è un filo che lega l’assalto ai campi rom di Napoli, l’aggressione omicida di Verona, la violenza e lo strangolamento della ragazza quattordicenne a Niscemi?

 

Sta crescendo nella nostra società un odio cieco per la diversità, che ha toccato livelli paurosi e determina fatti incontrollabili
di cui siamo testimoni impotenti.

 

C’è un’omologazione dei pensieri e dei sentimenti che porta in primo piano paure irrazionali e cancella
ogni possibilità di affrontare i problemi al livello della complessità dell’oggi.

 

Ci sono precise responsabilità, ma ognuno è chiamato in causa in un paese democratico!

 

La
scuola è il luogo in cui si può imparare a diventare cittadini e
cittadine, giovani e adulti insieme,
uomini e donne, persone diverse per storie, provenienze, appartenenze,
com’è scritto nell’art. 3 della Costituzione repubblicana e
antifascista.

 

La ricerca del sapere non può vivere senza libertà.

 

In questi giorni si tenta di criminalizzare intere popolazioni; si parla
di introdurre nuovi reati, tesi a colpire non le responsabilità individuali, ma le condizioni di vita. Noi possiamo:

– testimoniare solidarietà a chi è colpito da questi tentativi di criminalizzazione

– rispondere a chi calpesta la giustizia con i diritti di uguaglianza sanciti dalla nostra Costituzione

– ricordare che la scuola si occupa dell’educazione alla convivenza e alla solidarietà

– vigilare nei contesti educativi in cui operiamo affinché tutti siano tutelati come previsto dalle leggi italiane e dalla carta dell’Onu.

 

 

 Contro le discriminazioni, costruiamo insieme senso di appartenenza,

senso di responsabilità e diritti – doveri di cittadinanza.

 

 

 

Ricordiamo le parole di un poeta:

 

«Prima di tutti, vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.

Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista.

Un giorno vennero a prendermi e non c’era rimasto nessuno a protestare».

 

Bertold Brecht

 

 

 

22 maggio 2008

 

A cura di Rosangela Pesenti