Che c’entra il cardinale Martini con certi “fantasmi”?

Che c’entra il cardinale Martini con certi “fantasmi”?

 

A partire dall’epoca romantica, l’ermeneutica ha conosciuto un’estensio-ne della sua indagine
ben oltre i limiti della interpretazione biblica: il problema della comprensione non si applica più solo a testi scritti, ma a ogni rapporto comunicativo linguistico, compreso quello interpersonale. In questo senso
il termine ha assunto progressivamente un senso più generale, così da intercettare un orizzonte di discipline sempre più vasto: oltre alla teologia, la filosofia, la letteratura, le scienze umane e così
via.

Nelle aule liceali e universitarie i docenti insegnano l’arte e le regole di una corretta interpretazione.
Così, ad esempio, una prima regola invita a cogliere il significato di una
parte collegandola al tutto; un’altra dice che la comprensione si attua nella fusione (non confusione) degli orizzonti del testo e del lettore; e, ancora, una terza
che senza una
affinità esistenziale l’interprete si preclude la comprensione del testo. Senza dire del sincero amore alla verità che ha da guidare interiormente tutta l’operazione.

La stessa pratica di un giornalismo di qualità avrebbe di che guadagnare dal frequentare i principi
e l’arte dell’ermeneutica, per evitare che chi ha compito d’informare, anziché raccontare la realtà così come essa si dà, ne restituisca un’immagine arbitraria. Oppure, che il critico anziché
far parlare il suo interlocutore pretenda di mettergli in bocca parole o intenzioni che questi non ha espresso.

Il discorso riceve una sua intensificazione se l’ambito in cui si esercitano l’informazione e la
critica investe il messaggio religioso e la testimonianza ecclesiale. Vent’anni fa il cardinale C.M. Martini, in occasione di un convegno di giornalisti, “Chiesa e opinione pubblica: le difficoltà del comunicare”,
uscì con una battuta che nessuno potrebbe contestare : “Informare è sempre arduo, ma informare sui fatti religiosi è sommamente arduo”.

Il riferimento all’anziano porporato è tanto più pertinente, poiché in questi
giorni – suo malgrado – è toccato a lui essere vittima di un’operazione che eufemisticamente si può presentare come una grave “mancanza di correttezza ermeneutica” nei suoi confronti.

In breve i fatti sono questi. Un noto vaticanista, Sandro Magister, ha pubblicato sulla rete una Newsletter
(che dicono gli informati raggiungerebbe decine di migliaia di utenti iscritti) in cui si raccontano le traversie di un teologo gesuita americano, Roger Haight, che ha ricevuto una notifica della Congregazione della Fede in
ragione di una serie di asserti problematici in materia di cristologia che,per intercettare i canoni della cultura postmoderna, finiscono con lo svuotare di significato alcuni asserti del Credo. Sottoposto a processo canonico,
Haight ha ricevuto l’ingiunzione di cessare l’insegnamen-to della teologia e di non pubblicare più saggi di soggetto teologico.

Fin qui la notizia di un fatto oggettivo. Se non che il giornalista
ritiene di segnalare alcune singolari coincidenze: anche il cardinale Martini, tra l’altro, è un gesuita che ha pubblicato di recente un libro di grande successo, “Conversazioni notturne a Gerusalemme” in cui
parla diffusamente dell’umanità di Gesù. Così, si insinua, anche il cardinale Martini esprimerebbe la tendenza di chi esalta Gesù come uomo insigne e operatore di giustizia, ma offuscando la sua
divinità. Mentre Benedetto XVI nel suo libro “Gesù di Nazareth”, parla di lui come “vero Dio e vero uomo”.

Dobbiamo attenderci che l’anziano Cardinale, che è insieme un riconosciuto studioso e un autorevole
testimone della fede, faccia una smentita per riaffermare che per tutta la vita ha professato e tuttora professa la fede nella figliolanza divina di Gesù Cristo? Ci possiamo accontentare del fatto che tra pochi giorni
sarà in libreria un suo nuovo volume dal titolo “Incontro al Signore risorto”? Oppure possiamo sperare che il vaticanista (al quale per altro abbiamo espresso di persona e garbatamente il nostro disappunto) tenga
conto per deontologia professionale le elementari regole di ermeneutica sopra richiamate?

Una sana dose di prudenza, e di autoironia,oltretutto, non fa mai male. Anche a chi ha il compito di
informare sulla realtà e non sui “fantasmi” che eventualmente ci angustiano.

 

Don Piero Coda – Marco Vergottini