CASO JOHNSON: DAI TEOLOGI USA ANCORA SOSTEGNO ALLA SUORA CONDANNATA DAL VATICANO

CASO JOHNSON: DAI TEOLOGI USA ANCORA SOSTEGNO ALLA SUORA CONDANNATA DAL VATICANO

36442. NEW YORK-ADISTA. L’atteggiamento adottato dai vescovi statunitensi nei confronti della teologa suor Elisabeth Johnson, autrice del libro Quest for the Living God: Mapping Frontiers in the Theology of God (da essi giudicato non conforme alla dottrina cattolica nonostante sia adottato in diverse università cattoliche, v. Adista nn. 30, 32, 35, 48, 60 e 82/11) rappresenta una  «violazione fondamentale» dell’invito al dialogo nella Chiesa e ferisce «l’intera comunità dei teologi cattolici». Lo hanno affermato, in una dichiarazione ufficiale del 5 dicembre, i vertici della College Theology Society (Cts), associazione cattolica che raccoglie più di 900 docenti di teologia di college e università di Stati Uniti, Canada e Europa. Firmato dai sette membri del consiglio di amministrazione del Cts e da quattro funzionari e rivolto ai suoi aderenti, il documento esprime «tristezza e grave preoccupazione» per gli ultimi sviluppi del caso Johnson, che hanno visto i vescovi fermi nella loro indisponibilità ad un dialogo con la teologa sulle questioni sollevate. «Il corso delle azioni intraprese dalla Commissione dottrinale rappresenta una violazione fondamentale dell’invito al dialogo all’interno della Chiesa e in particolare tra teologi e vescovi, un invito che è uno dei tratti distintivi dei documenti del Concilio Vaticano II», si legge nella dichiarazione. «La commissione dottrinale – afferma la Cts – ha scelto di criticare e screditare pubblicamente, non una ma due volte, il lavoro di una delle nostre colleghe più stimate senza entrare in un processo di dialogo con lei. La Johnson ha preparato una risposta sostanziale che rifiutava in quanto infondate le critiche al suo lavoro e chiedeva l’avvio di un dialogo formale con la Commissione» riguardo alle obiezioni poste nel loro primo documento, del marzo scorso. La richiesta della teologa non è stata soddisfatta: «La seconda dichiarazione – prosegue la Cts – non solo ripeteva le definizioni espresse sul suo lavoro senza affrontare il discorso da lei sollevato, ma opponeva nuove critiche sul recupero di metafore femminili e simboli di Dio presenti sia nei testi biblici sia nei testi della tradizione teologica cattolica». Tutto ciò rifiutando il dialogo tra vescovi e teologi richiesto non solo dal Concilio Vaticano II, ma anche dalla dichiarazione dei vescovi Usa del 1989, laDoctrinal Responsibilities, e dal documento della Congregazione per la Dottrina della Fede Regolamento per l’esame delle dottrine(1997), che stabiliscono la prassi da seguire in caso di dispute teologiche e che prevedono, coerentemente con quanto stabilito dal Codice di Diritto canonico, diritti e responsabilità dei membri della Chiesa.

L’atteggiamento adottato dai vescovi, dunque, rappresenta un’offesa nei confronti di chi «desidera porsi in relazioni più costruttive con i vescovi» e, in particolare, di chi desidera «essere in dialogo con loro sul modo in cui la tradizione vivente di fede e pratica del cattolicesimo può rivolgersi ai problemi più urgenti del nostro tempo». Perché vi sia un progresso nel rapporto tra vescovi, teologi e popolo di Dio è necessario che si riconosca «la dignità e la vocazione dei teologi e dei fedeli nella missione della Chiesa» e che si coltivino «pratiche di dialogo che promuovano una relazione di collaborazione».
Piuttosto irritata la reazione dei vescovi al documento: «In realtà non vuol dire nulla», ha commentato p. Thomas Weinandy, direttore esecutivo del segretariato episcopale per la dottrina, in un’intervista telefonica con il settimanale National Catholic Reporter; per i vescovi, il caso Johnson «è chiuso» e la Commissione «non ha altro da dire». Stessa risposta dalla portavoce dei vescovi, suor Mary Ann Walsh: i vescovi, ha detto, «non hanno nulla da commentare». L’ultima parola finora era stata della Johnson: in un botta e risposta infuocato, in cui il presidente della commissione dottrinale, mons. Donald Wuerl, aveva affermato di aver più volte, in realtà, invitato la teologa ad un incontro, quest’ultima aveva replicato che ciò era «palesemente e sfacciatamente falso»: cosa, del resto, dimostrata dal carteggio tra i due, pubblicato a sorpresa dal magazine Commonweal (v. Adista n. 82/11).
Ma i vescovi, ora, ostentano freddezza e superiorità: secondo quanto si legge sul Ncr, alla domanda se la Commissione sia ancora disposta a incontrare la Johnson, Weinandy avrebbe detto che la teologa, se vuole, è libera di «inviare una lettera» a Wuerl: «Se vuole mettersi in contatto con  la commissione è libera di farlo, come chiunque». Sulle accuse di falsità da parte della Johnson, invece, un lapidario «no comment». (ludovica eugenio)
da: Adista Notizie n. 93 del 17/12/2011

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