La finestra teologica 63

Molto interessante, a mio avviso, pare essere il tema dell’ascolto; questa dimensione ha subito un sapore dialogico, di reciprocità, se c’è chi ascolta c’è, dall’altra parte,  qualcuno che parla o che non parla e che sta usando il silenzio per comunicare qualcosa.

Nella realtà del popolo d’Israele l’ascolto ha una centralità molto forte, da una parte c’è Adonai che ascolta la sofferenza, il dolore, il lamento del suo popolo e non rimane indifferente, non disattende le speranze e i desideri di Israele, intervenendo nella storia, diventandone il protagonista; dall’altra parte c’è un popolo chiamato ad essere tale attraverso la professione di fede, chiamato a tramandare la fede proprio  attraverso l’ascolto, un popolo che ascoltando le parole dei profeti è chiamato a rimettersi sulle vie del Signore quandoIn questa prospettiva , che cosa può provocare, il dialogo con le altre religioni? E’ davvero possibile operare per realizzare un confronto, che non elimina le identità personali, ma che attraverso una reciproca kenosi di amore, porti ad una nuova conoscenza di se stessi e degli “altri”? se neIn questa prospettiva , che cosa può provocare, il dialogo con le altre religioni? E’ davvero possibile operare per realizzare un confronto, che non elimina le identità personali, ma che attraverso una reciproca kenosi di amore, porti ad una nuova conoscenza di se stessi e degli “altri”? allontana , è incoraggiato ad ascoltarlo anche quando la Sua parola e la Sua azione non sono più manifestate attraverso teofanie maestose, ma  sono diventate una brezza leggera.

Il dialogo con l’ebraismo ci aiuta, secondo me, a riconoscere sempre  più la necessità  di potenziare questo tipo di ascolto anche in ambito ecclesiale.

La Chiesa è chiamata ad avvicinare l’uomo a Dio a rendere accessibile a tutti la Parola ma è chiamata, nello stesso tempo, ad ascoltare il mondo e la realtà mondana; il Concilio stesso ce lo suggerisce, in molti documenti e nello stile in generale, auspicando una rinnovata relazione della Chiesa con il Mondo.

Tutto questo viene sottolineato anche nelle linee guida pastorali degli ultimi decenni che ci offrono i Vescovi, dove viene sempre più riconosciuta l’importanza di una fase introduttiva riservata all’ascolto puntuale e all’osservazione precisa del mondo e degli uomini e delle donne del nostro tempo.

Due questioni, allora, si mettono a fuoco nel mio pensiero; la prima: anche quando si riesce a superare una certa resistenza nei confronti del mondo, è possibile riconoscere una  difficoltà e una lentezza nei tempi di passaggio dall’ ascolto all’azione, ciò che abbiamo ascoltato quando andiamo ad agire è già cambiato, è diventato altro.  Perché questa  dilatazione nei tempi,  questa difficoltà ad essere più immediati nell’azione?

La seconda riguarda proprio la realtà del nostro tempo, che è  sempre più  costituita da diversità etniche, culturali e religiose; il dialogo e quindi l’ascolto è riservato solo alle Chiese cosiddette separate, le “Chiese sorelle”, con le quali è possibile trovare un punto di incontro, o questo ascolto deve riguardare tutti?

In questa prospettiva , va incentivato il dialogo con le altre religioni?  E’ possibile operare per realizzare un confronto, che non elimini le identità personali, ma che contemporaneamente porti ad una nuova conoscenza di se stessi e degli “altri”?

Io sogno una Chiesa che non teme il confronto, che si apre a quelli che incontra, perché se la verità è sinfonica , allora, è necessario armonizzare le diverse melodie continuando a cantare con gioia la propria.

Simona Baccani

In questa prospettiva , che cosa può provocare, il dialogo con le altre religioni? E’ davvero possibile operare per realizzare un confronto, che non elimina le identità personali, ma che attraverso una reciproca kenosi di amore, porti ad una nuova conoscenza di se stessi e degli “altri”?