di Giancarla Codrignani
Il 2016 inizia così, con notizie variamente urlate in funzione ansiogena: ieri la rottura sauditi/sciiti, oggi tocca alle Borse anche cinesi agitate e alla “bomba”, forse H, della Corea del Nord, in aggiunta alla nuclearità diffusa di Usa, Israele, India e Pakistan non firmatari del Trattato di non-proliferazione. In ottava pagina, ripresa da tv e socialmedia (non voglio guardare facebook perché so che cosa ci posso trovare) il “sansilvestro” di Colonia. Un migliaio di maschi, probabilmente immigrati, ha festeggiatoil nuovo anno nel centro di Colonia con azioni di teppismo aggressivo sul corpo delle donne. Chi è stato di recente nella capitale del Land Reno-Vestfalia conosce i cartelli che su quella piazza (perfino dentro il duomo) mettono in guardia da furti e borseggi: la polizia è sempre presente. Eppure la notizia è arrivata dopo giorni perché le denunce stanno arrivando adesso: sembra che nessuno si accorgesse di urla e fughe concitate, nemmeno qualche accompagnatore cavalleresco, tanto meno i poliziotti. E’ la prima questione: donne aggredite con palpeggiamenti e tentativi di stupro, forse un paio realizzati (per fortuna non eravamo nel nudo estivo), che sono corse a rifugiarsi in casa senza denunciare: avevano tutte lasciato a casa il cellulare?. E’ un gran brutto segnale: anche le tedesche evidentemente sono mentalmente abituate alle molestie e ad aspettarsi violenze. Infatti non esiste donna che non abbia incontrato, fin da bambina, qualche esibizionista: tanto per fare i conti con l’estensione del complesso talebano del maschio violento. La psicanalisi non ha l’ha ancora nominato come gli edipi e le elettre, probabilmente perché tutti gli antichi dei ed eroi ne erano, come loro stessi, afflitti. Alle donne resta dunque ancora la fuga, come a Dafne che non gradiva Apollo e si ritrovò albero.
Sto ascoltando il programma di Radio3 dedicato alle inchieste e una corrispondente italiana da Colonia racconta queste cose ripugnanti con consapevolezza femminile; contrasta con i successivi interventi maschili che, pur critici, restano imbarazzati e pongono in primo piano altre preoccupazioni: uno evidenzia la finalità del borseggio dietro gli abbracci e i baci, un altro teme reazioni ostili sull’immigrazione. D’altra parte, il capo della polizia di Colonia si era premurato di assicurare che non era mai successo che la notte di San Silvestro uomini “ubriachi” aggredissero le donne.
Le nostra amiche suore comboniane hanno prontamente ricordato che “la civilissima Colonia ospita il “Pascha”, un immenso edificio con 126 stanze, il più grande bordello d’Europa, perché in Germania la prostituzione è equiparata ad un lavoro “normale” e le case del sesso pubblicizzano i propri servizi come qualsiasi altra attività produttiva”. Un avvertimento su cui riflettere: la subalternità femminile rivela una fenomenologia assai complessa prima di arrivare al burqa. L’auspicio delle sorelle è che “forse sarebbe meglio iniziare il 2016 con un bell’invito: crescere nel rispetto per ogni persona e operare attivamente per un’accoglienza che rispettosamente integri i migranti nella società dei diritti e dei doveri reciproci”. La preoccupazione che questa nuova violenza di genere venga usata dalla destra tedesca per contrastare la politica di accoglienza della presidente Merkel è giusta, ma non si deve sottovalutare il peso che possono avere l’informazione corretta e la denuncia di qualunque violenza contro le donne. Perché la violenza di genere è originaria: i greci antichi deploravano la guerra di Troia e le tante rovine che ne derivarono per vincitori e vinti, ma solo Saffo aveva detto, otto secoli prima di Cristo, che, se lo voleva la dea dell’amore, perché mai Elena non doveva andarsene dove la portava il cuore? Invece il mito ha confermato che la donna è proprietà, che l’onore del maschio ha bisogno del contratto, che l’infedeltà è giusta causa di guerre, che la società degli uomini ha bisogno della donna perbene e della puttana. Cosa loro sempre.
Anche la dignità è, dunque, “di genere”: nella libertà di tutte di non subire, anche se per troppe donne vissute da sempre nel patriarcato è ancora una libertà impensata, e tuttavia facendo memoria della giornalista Ruqia Hassan che da Raqqa, capitale del califfato, sfidava l’Isis e “giustiziata” (altra notizia di oggi) dai suoi sequestratori. Se il pensiero va ai danni che possono riversarsi sull’immigrazione, pensiamo a riconoscerci nella dignità delle straniere che restano occultate nei nostri paesi, anche se sono badanti di nostri familiari, ma che non sono certamente tutte terroriste, tutte violente. Come noi, non tutte puttane.