[21 Aprile 2005]Questo, credo, il nostro compito …

ImageCostretta dall’impeto degli avvenimenti di questi giorni a intervenire
ripetutamente nell’inesauribile talk show mediatico che ha
accompagnato, spesso adulterandone senso e contraffacendone il valore,
momenti ecclesiali di intensa partecipazione, dolente cordoglio e viva
trepidazione, non posso rinunciare a dire una parola anche nella mia
veste di presidente del CTI a tutte/i coloro che ci seguono con
amicizia.

Questo, credo, il nostro compito: la ricerca di parole
ragionate piuttosto che patinate, che nascono dalla forza di un
passato, senza il quale la fede cristiana è inutile mitologia, e dalla
prospettiva di un futuro, senza il quale la fede è solo vana
amministrazione di verità insignificanti. Diventa cioè sempre più
necessario, nel momento in cui le parole, vengano esse
dall’immediatezza delle emozioni o dal rigore delle analisi, svaporano
appena pronunciate, impegnarsi nella gestazione di una parola che può
diventare significativa soltanto quando è in grado di farsi storia. Sia
essa proclamata da una cattedra oppure pronunciata negli infiniti
rivoli della comunicazione quotidiana, la parola teologica non è flatus
vocis solo quando, alla fine di ogni giornata come al termine della
vita, possiamo dire, con l’Apostolo, "ho combattuto la buona battaglia,
ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede" [2Tm 4,7].

Ognuno,
nella Chiesa e nelle chiese, ha il suo compito. A noi, teologhe, spetta
quello di una riflessione capace di accompagnare il discernimento sulla
verità che, sempre, lo Spirito chiede alle chiese. Con la serena
certezza che la storia non coincide con la biografia, come la storia
della chiesa non coincide con la storia di nessuno di noi, come la
storia di Dio non coincide con la storia di nessuna chiesa.

Che
in questo momento, in cui tutti si improvvisano teologi, non venga a
mancare alle nostre chiese la parola competente e attenta, riflessiva e
lucida di teologhe che sanno molto bene che "dire Dio", all’interno
delle chiese e di fronte al mondo, è una responsabilità di cui ci viene
chiesto conto. Dalle donne e dagli uomini del tempo in cui ci è dato di
vivere che cercano il volto di Dio più di quanto spesso non si pensi.
Dal Signore del tempo, che ha detto di sé "andrò in cerca della pecora
perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e
curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò
con giustizia" [Ez 34,16].

Per facilitare a tutte/i il compito
che ci attende in questo momento di particolare importanza per la vita
delle chiese, il nostro sito garantirà un aggiornamento costante sul
magistero di Benedetto XVI perché, sottratto al cannibalismo della
cronaca, ci possa aiutare a capire e ad accompagnare con la riflessione
teologica il pontificato appena iniziato.

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Roma, 21 Aprile 2005