Lettera aperta della scrittrice albanese Elvira Dones

NATA FEMMINA

"Egregio Signor Presidente del Consiglio, le scrivo
su un giornale che lei non legge, eppure qualche parola gliela devo, perché
venerdì il suo disinvolto senso dello humor ha toccato persone a me molto
care:
"le belle ragazze albanesi".

Mentre il premier del mio paese
d’origine, Sali Berisha, confermava l’impegno del suo esecutivo nella lotta agli
scafisti, lei ha puntualizzato che "per chi porta belle ragazze possiamo fare
un’eccezione."
Io quelle "belle ragazze" le ho incontrate, ne ho incontrate a
decine, di notte e di giorno, di nascosto dai loro magnaccia, le ho seguite da
Garbagnate Milanese fino in Sicilia. Mi hanno raccontato sprazzi delle loro vite
violate, strozzate, devastate. A "Stella" i suoi padroni avevano inciso sullo
stomaco una parola: puttana. Era una bella ragazza con un difetto: rapita in
Albania e trasportata in Italia, si rifiutava di andare sul marciapiede. Dopo un
mese di stupri collettivi ad opera di magnaccia albanesi e soci italiani, le
toccò piegarsi.
Conobbe i marciapiedi del Piemonte, del Lazio, della Liguria,
e chissà quanti altri. E’ solo allora – tre anni più tardi – che le incisero la
sua professione sulla pancia: così, per gioco o per sfizio. Ai tempi era una
bella ragazza, sì. Oggi è solo un rifiuto della società, non si innamorerà mai
più, non diventerà mai madre e nonna. Quel puttana sulla pancia le ha cancellato
ogni barlume di speranza e di fiducia nell’uomo, il massacro dei clienti e dei
protettori le ha distrutto l’utero.
Sulle "belle ragazze" scrissi un romanzo,
pubblicato in Italia con il titolo "Sole bruciato". Anni più tardi girai un
documentario per la tivù svizzera: andai in cerca di un’altra bella ragazza, si
chiamava Brunilda, suo padre mi aveva pregato in lacrime di indagare su di
lei.
Era un padre come tanti altri padri albanesi ai quali erano scomparse le
figlie, rapite, mutilate, appese a testa in giù in macellerie dismesse se
osavano ribellarsi. Era un padre come lei, Presidente, solo meno fortunato. E
ancora oggi il padre di Brunilda non accetta che sua figlia sia morta per
sempre, affogata in mare o giustiziata in qualche angolo di periferia. Lui
continua a sperare, sogna il miracolo. E’ una storia lunga, Presidente… Ma se
sapessi di poter contare sulla sua attenzione, le invierei una copia del mio
libro, o le spedirei il documentario, o farei volentieri due chiacchiere con
lei.
Ma l’avviso, signor Presidente: alle battute rispondo, non le ingoio. In
nome di ogni Stella, Bianca, Brunilda e delle loro famiglie queste poche righe
gliele dovevo. In questi vent’anni di difficile transizione l’Albania s’è
inflitta molte sofferenze e molte ferite con le sue stesse mani, ma nel popolo
albanese cresce anche la voglia di poter finalmente camminare a spalle dritte e
testa alta.
L’Albania non ha più pazienza né comprensione per le umiliazioni
gratuite. Credo che se lei la smettesse di considerare i drammi umani come
materiale per battutacce da bar a tarda ora, non avrebbe che da
guadagnarci.
Questa "battuta" mi sembra sia passata sottotono in questi
giorni in cui infuria la polemica Bertolaso , ma si lega profondamente al
pensiero e alle azioni di uomini come Berlusconi e company, pensieri e azioni in
cui il rispetto per le donne é messo sotto i piedi ogni giorno, azioni che non
sono meno criminali di quelli che sfruttano le ragazze albanesi, sono solo
camuffate sotto gesti galanti o regali costosi mi vergogno profondamente e
chiedo scusa anch’io a tutte le donne albanesi
Merid Elvira Dones