La finestra teologica 1- Sofferenza

«…il rapporto tra Dio e mondo, dal momento della creazione, e in modo certo, dal momento della creazione dell’uomo, comporta per Dio una certa dose di sofferenza. Naturalmente comporta anche sofferenza per la creatura, ma questa ovvia conseguenza è stata ammessa da sempre in teologia. Non così per l’idea che Dio soffra nell’atto di creare; [… ] ma questa contraddizione è così radicale come sembra a prima vista? Non incontriamo forse nella Bibbia ebraica un Dio che si sente ignorato e misconosciuto dall’uomo e che di ciò si rattrista? Non lo vediamo rammaricarsi per aver creato l’uomo, soffrendo per la delusione che l’uomo gli ha procurato?.»

H. Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz, il Melograno, Recco (Ge) 2008, pag. 28

ÈDio come  madre a soffrire nell’atto di creazione? Il mito di Jonas può essere interpretato come una centralizzazione di quelle rahamim che appaiono marginali?

Barbara Serpi



«Il male non è una semplice attenuazione o diminuzione o cessazione di bene, ma ne è una negazione reale e positiva nel senso di una deliberata infrazione e inosservanza. È una rivolta contro l’essere, una violazione della positività, un oltraggio al bene, una disobbedienza alla legge. Ciò che si vuol distruggere è l’essere, ma l’essere è di per sé indistruttibile, sí che si ottiene tutt’al più la distruzione dell’essere in noi stessi; il che significa che volendo distruggere l’essere non si distrugge che l’essere nella libertà, cioè si ottiene la distruzione della libertà mediante una atto di libertà. Ciò che si voleva distruggere è la libertà originaria, ma quella che risulta distrutta non è che la propria individuale libertà, allo stesso modo che la volontà di onnidistruzione non ha avuto come effetto se non l’autodistruzione.»

L. Pareyson, Ontologia della libertà il male e la sofferenza, G. Einaudi editore s.p.a., Torino 1995 pag. 168

Non è forse opportuno ricordarsi semplicemente di essere quello che siamo: esseri umani e soprattutto che ciò non è affatto uno scandalo? Va bene essere “nudi”.

Alessandra Guercio



«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34) – Cristo accetta la sofferenza per una sostanziale parità con l’uomo- peccato escluso – per solidarietà con l’umanità, in ordine alla salvezza.
«Egli dovette in tutto essere fatto simile ai suoi fratelli, per poter diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, al fine di espiare i peccati del popolo. Infatti, poiché egli stesso ha sofferto ed è stato messo alla prova, ora può soccorrere quelle che sono nella prova» (Eb 2,17-18)

E. De Dominicis, " Sofferenza e teodicea", in G. GALEAZZI, (a cura di), Ripensare la sofferenza, Città Aperta Edizioni, Troina (EN) 2004, pag. 153

La sofferenza può divenire via per incontrare la realtà divina? Come comprendere la vicinanza di Dio nella sofferenza? Cristo ci mostra il volto di Dio, non cerca la sofferenza l’accetta; il sofferente che grida a Dio è in Cristo sulla croce. Dio ha fatto un patto con l’umanità e ha cambiato il dolore in vita.

Violana Russo