“L’insistenza cristiana sulla sacralità della vita tendeva a livellare le antiche distinzioni e articolazioni all’interno della vita activa; tendeva a considerare il lavoro, l’opera e l’azione come ugualmente soggetti alla necessità della vita presente. Allo stesso tempo contribuiva a liberare in parte l’attività lavorativa, cioè quanto è necessario a sostenere il processo biologico, dal disprezzo in cui l’aveva tenuta l’antichità. Il vecchio disprezzo verso lo schiavo, dovuto al fatto che egli era asservito alle necessità della vita e soggetto all’arbitrio di un padrone perchè voleva rimanere vivo a ogni costo, non poteva sopravvivere nell’epoca cristiana. Non si poteva più disprezzare, con Platone, lo schiavo per non essersi suicidato piuttosto che sottomettersi a un padrone, perchè il conservarsi in vita in tutte le circostanze era diventato un dovere sacro, e il suicidio era considerato peggiore dell’assassinio.”
Finestra Teologica
La finestra teologica 80
H. Arendt, Vita Activa. La condizione umana, Bompiani, Milano 1994, pag. 236.
La recente ondata di “suicidi economici”, può farci pensare che la sacralità della vita sia, attualmente, sottomessa al benessere economico ?
Barbara Serpi